25 Aprile, Manconi: «Pacificazione lontana per colpa della destra». Ma è la sinistra a rinnegare Violante

18 Apr 2023 11:45 - di Lando Chiarini
Manconi

Dai fratelli Mattei ai fratelli Cervi: passa attraverso l’elaborazione del «fratricidio» (ma ci sarebbero anche i fascistissimi fratelli Govoni sterminati nella strage di Argelato nel 1944) la nostra pacificazione nazionale. Una lunga scia di sangue che va dalla Resistenza agli anni di Piombo. Ma se per questi ultimi la stagione dell’odio è ormai dietro le spalle perché destra e sinistra se ne sono, col tempo, immunizzate, per la prima il traguardo di una memoria condivisa è ancora lontano. Questa, almeno, è la tesi avanzata da Luigi Manconi su Repubblica. La difficoltà di archiviare una volta per tutte la guerra civile, fratricida appunto, sta – a suo dire – nella indisponibilità della destra a definire il fascismo «non come una fase storica tra le altre, appena “macchiata” dalle leggi razziali e dall’entrata in guerra, bensì come un regime dittatoriale e liberticida».

Manconi dimentica le parole di Giorgia Meloni

Non sappiamo dove Manconi fondi questa sua granitica certezza. Strano, però, che gli siano sfuggite le parole pronunciate dal premier Giorgia Meloni nel suo discorso d’insediamento nella solennità della Camera. Gliele ricordiamo noi: «Libertà e democrazia sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea nei quali da sempre mi riconosco. E dunque, a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso». Ma anche prima di lei, in contesti storico-politici assai diversi, nessun leader della destra aveva mai preteso di rappresentare il fascismo per quel che non è stato, cioè per una democrazia basata sulla libertà di pensiero, di associazione, di voto e di stampa.

La lezione di De Felice

Ma quante erano negli anni ’30 del secolo scorso le democrazie in Europa? Poche: eccezioni addirittura, tanto rare quanto luminose. E tutte pullulanti (persino la Gran Bretagna delle Black shirt di Sir Oswald Mosley) di formazioni fascisteggianti. Storicizzare i contesti, ai fini della pacificazione, è operazione necessaria ad evitare i giudizi deformanti dell’ora per allora. Esattamente la trappola in cui cade Manconi nel momento in cui rinvia al carattere liberticida del fascismo la «condanna» di «quanti ne furono parte o gli furono fedeli non al semplice ruolo di sconfitti, da onorare perché “si battevano per le proprie idee”, ma quello di corresponsabili di un’immane tragedia nazionale». Più che una «condanna», alla luce del larghissimo consenso popolare goduto a lungo dal fascismo, come documentato da Renzo De Felice, è una chiamata in correità di gran parte della società italiana dell’epoca.

Dalla svolta di Fiuggi contributo alla pacificazione

È il motivo per il quale la tesi crociana del regime come parentesi tra un primo e dopo non regge, mentre più veridica e fondata si rivela quella gobettiana del fascismo come «autobiografia della nazione». Un motivo, del resto, ci sarà se stiamo ancora a parlarne a 80 anni esatti dalla sua dissoluzione. Manconi, al contrario, di dubbi non ne ha. Per lui fascismo, Salò e persino il Msi con annessa fiamma tricolore rappresentano un’unica «genealogia» da abiurare attraverso «una cesura netta e inevitabilmente dolorosa». Anche qui, però, la sua memoria vacilla: quello che pretende fa infatti già parte del patrimonio politico della destra sin dalla svolta di Fiuggi del 1995.

La domanda giusta sulla festa della Liberazione

Da allora, spiace rilevarlo ma è così, pochissimi sono stati i passi in avanti sul cammino della pacificazione nazionale. Un nome per tutti è quello di Luciano Violante, che seppe – da presidente della Camera – pronunciare parole nuove senza sacrificare nulla della propria cultura politica di provenienza e di appartenenza. È la strada su cui tornare. La pacificazione non si ottiene esibendo ciascuno i propri martirologi, ma depurando la storia da finalità politiche che le sono estranee. Chi lamenta il deficit del 25 Aprile come festa riconosciuta da tutti, ha oggi l’occasione per porsi la domanda giusta. Lo faccia: solo così troverà la risposta esatta.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *