Alberto Cova spara a zero sul ’68. Il campione: “Mio padre era comunista, io mai”
Padre comunista, ma allergico al ’68, esperienza politca nel centrodestera. Alberto Cova, icona del mezzofondo italiano, si racconta a tutto campo sul Corriere della Sera. Campione olimpico dei 10.000 metri piani ai Giochi di Los Angeles 1984. Nei 10.000 m piani è stato anche campione mondiale a Helsinki 1983 e campione europeo ad Atene 1982. È stato inoltre il primatista italiano dei 5000 metri piani dal 1982 fino al 1990, quando è stato battuto da Salvatore Antibo. Insomma, un grande a cui lo sport italaino deve molto. Dopo avere rievocato, vita e successi sportivi, il discorso vira sulla politica.
Alberto Cova: “Mio padre leggeva l’Unità, mi candidai con Forza Italia e…”
Silvio Berlusconi lo chiamò in Forza Italia, erano i i primi anni Novanta. «Entrai in Parlamento grazie a lui e al suo entourage. Nel 1993 mi contattarono, avevo 36 anni e non correvo più. Quell’esperienza è stata un onore e un’occasione professionale. Nel giro di 6 mesi cadde però il governo. Premier diventò il “tecnico” Dini e ci lasciò la Lega che era alleata. Dopo un anno e mezzo di limbo si tornò alle urne: Forza Italia perse vari parlamentari, me incluso. Nel 1996 è finito tutto: ho fatto di corsa pure il parlamentare», ironizza Alberto Cova. Del Cavaliere dice:
«A 86 anni è ancora sul pezzo, anche se alla fine contano i numeri». La famiglia era di tutt’altro orientamento, con un padre comunista convinto. «Papà leggeva l’Unità e lavorava a Milano, la “piazza” del sindacato. Ma quando gli dissi che mi candidavo con Berlusconi non mi rinfacciò che la famiglia fosse di sinistra. Disse invece: “È una tua scelta, vivila per come tu sei”. Credo che mi abbia pure votato, anche se non me l’ha mai detto».
Alberto Cova: “Io mai comunista: sono favorevole al merito e non al ‘6 politico'”
Ma il bello viene dopo, quando Alberto Cova spiega perché il suo cuore non ha mai potuto battere a sinistra: «Mai, il Sessantotto mi ha orientato: sono sempre stato favorevole al merito, ma in quegli anni si preferiva il “6 politico”. Insomma, una professine di sincerità non banale e non scontata. Per mesi a sentire parlare di “merito” a sinistra chiamavano l’esorcista. E il “sei politico” fu uno dei “must” dei sessantottini ancora oggi in servizio pemanente effettivo. Una società fondata sul merito, del resto, non poteva essere che uno dei principi base di un campione come Alberto Cova.