Non è la prima volta che la Mattel stupisce, lanciando Barbie sempre più rappresentative della società e inclusive. Dopo le bambole con l’apparecchio acustico, la protesi alle gambe e la sedia a rotelle, arriva una giovane donna con la sindrome di Down. L’azienda l’ha rilasciata sul mercato americano con l’obiettivo di dare la possibilità alla comunità di bambine e bambini con la sindrome di «giocare con una Barbie che assomigli loro». A dirlo è Kandi Pickard, presidente e Ceo di National Down Syndrome Society (NDSS) che ha supportato la Mattel a realizzare la nuova bambola. «Questa Barbie – ha aggiunto – ci ricorda che non dovremmo mai sottovalutare il potere della rappresentazione. È un enorme passo avanti per l’inclusione», sostiene.
Barbie, la prima bambola con la sindrome di Down
Per realizzare la bambola la Mattel ha chiesto il supporto della NDSS degli Stati Uniti per assicurarsi che la sua ultima Barbie rappresentasse in modo accurato una persona con la sindrome di Down. La nuova bambola è studiata in ogni dettaglio: sui suoi palmi c’è una singola linea, caratteristica spesso associata alla sindrome di Down. Indossa un plantare rosa alla caviglia, abbinato al suo vestito con farfalle e fiori gialli e blu, che sono simboli e colori associati alla consapevolezza della sindrome di Down. Le sue scarpe da ginnastica poi hanno la cerniera, per meglio rappresentare alcune difficoltà a cui vanno incontro i bambini affetti da questa sindrome. La Barbie ha anche una collana con un pendente rosa con tre galloni verso l’alto che rappresentano le tre copie del 21esimo cromosoma: il materiale genetico che causa le caratteristiche associate alla sindrome di Down.
La Mattel: “I bambini disabili potranno trovare immagini che li rappresentino”
Criticatissima da sempre, fin dal suo esordio nel mercato, datato 1959. La Barbie rappresentava una modella bionda, alta, magra, quasi un modello di bellezza e perfezione irraggiungibili. Ma nonostante le critiche, l’obiettivo dichiarato dalla Mattel è sempre stato quello di dimostrare alle «bambine che posso diventare chiunque desiderano essere». Nel corso degli anni la Barbie ha assecondato l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro: nacquero la Barbie chirurgo, astronauta, campionessa olimpica. Poi negli anni ’80 è donna d’affari e ambasciatrice Unicef, oltre che rockstar. Con il passare del tempo sono emerse nuove critiche sull’eccessiva magrezza della bambola: uno studio dell’Università del South Australia evidenziò che la probabilità che una donna avesse la forma del corpo di Barbie era una su 100 mila. Così la Mattel iniziò a lavorare a una Barbie Curvy, una alta, e una con il seno più piccolo. Oltre a lanciare sempre più bambole che rappresentassero tutti i ruoli sociali possibili.
Anche le Barbie possono diventare strumento di educazione
Nell’intento di Mattel queste bambole potrebbero aiutare a cambiare il modo di vedere la disabilità. All’indomani dell’annuncio della Barbie sulla sedia a rotelle, il campione paralimpico Alex Zanardi aveva twittato «Oh, è solo una domanda: non staremo esagerando col politically correct?». Di diverso parere fu Giusy Versace, atleta paralimpica anche lei, con due gambe amputate: «Se le bambole possono diventare strumento di educazione e formazione culturale, perché no? In queste Barbie il messaggio d’inclusione c’è ed è importante». Con questo nuovo ingresso nel campionario Barbie i bambini e le bambine con disabilità potranno trovare immagini e giocattoli che li rappresentino, che li facciano sentire parte della società come qualunque altro bambino.
La modella Ellie Goldstein è testimonial della nuova Barbie down
Nel Regno Unito la modella Ellie Goldstein, affetta dalla sindrome di Down, è testimonial della nuova bambola del colosso dei giocattoli. Ha dichiarato commossa: “Sono così felice che ci sia una Barbie con la sindrome di Down. Vedendo la bambola – riporta l’Agi- mi sono molto emozionata: significa molto per me e sono così onorata e orgogliosa che Barbie abbia scelto anche me per mostrare la bambola al mondo. La diversità è importante per me, poiché si possano vedere più persone come me là fuori nel mondo che non devono essere nascoste”.