Buttafuoco: «I “buoni” processano chi dissente e guardano ogni sera La7. È la nuova tirannia»
«Ormai ha preso il sopravvento la tirannia delle professoresse democratiche con il cerchietto», che «hanno sostituito quello che nell’immaginario di quaranta, cinquant’anni fa erano le beghine rintanate nelle parrocchie». Pietrangelo Buttafuoco parla della «deriva psicotica dell’ideologia occidentalista», individuando un «target» preciso: «È quello che ogni sera si mette davanti alla tv a vedere l’intero palinsesto di La7, che poi costituisce la messa cantata di Sanremo. Parlano un codice che negli Stati Uniti d’America assume urti e spinte da guerra civile». E che sta arrivando anche da noi, benché da noi sia ancora in una «fase strisciante».
Buttafuoco: «Viviamo la dittatura delle prof democratiche col cerchietto»
«Per il mio ultimo romanzo (Le cose che passano, Nave di Teseo, ndr) ho studiato gli anni Cinquanta, e ho riscoperto una libertà nei costumi, nella creatività e nell’inventiva che oggi sarebbe impossibile», ha raccontato Buttafuoco, in un’intervista con La Verità, sottolineando che «se si sfoglia il racconto dell’anglosfera, è una immensa cancel culture. Passa sotto silenzio la preside licenziata perché una sua insegnante ha mostrato il David di Donatello. Vogliono strapparci dalle carni il Rinascimento. Epurano persino Agatha Christie. È diventato normale proibire, in nome del bene assoluto che sarebbe rappresentato dalla società liberale». «Nei teatri arrivano disposizioni, occorre sottoscrivere un codice etico affinché le rappresentazioni non offendano questo e quell’altro. Ma basta pure accendere i canali Disney, per accorgersene», ha proseguito il giornalista e scrittore, rivelando di aver perfino disdetto l’abbonamento a Topolino, che aveva fino a due anni fa, perché «questa voluttà etica è diventata asfissiante». «Uno come Jacovitti – ha aggiunto – oggi non potrebbe assolutamente pubblicare i suoi salamini: raffigurazioni falliche che sarebbero proibite».
I “buoni” «trasformano chi la pensa diversamente in imputato. Costruendo leggi per trasformare chi dissente in colpevole»
In Italia, ha proseguito Buttafuoco, siamo «siamo ancora nella fase strisciante. Le mode americane da noi arrivano tardi. Se si va in California, area più ricca e agiata, è una immensa Ztl e ci si rende conto di cosa sia veramente l’apartheid. Se si accorgono che qualcuno vota repubblicano in un condominio, non solo gli tolgono il saluto, ma fanno la riunione per farlo cacciare via». A monte c’è il fatto che «se hai consapevolezza di essere “il bene”, pretendi che tutto, intorno, si pieghi alla tua idea». Un meccanismo «subdolo», nel quale questi autoproclamati buoni «trasformano chi la pensa diversamente in un imputato. Costruendo leggi apposta per trasformare chi dissente in un colpevole. Non aspettano che tu faccia qualcosa, ti tolgono prima dalla circolazione».
La destra «deve dare un riparo a chi non ha casa»
In questo contesto, «l’unica strada che la destra si può consentire, e da quel che vedo nell’ambito della promozione culturale è già evidente, è di dare un riparo a chi non ha casa». «Noi – ha avvertito l’intellettuale – non dobbiamo andare a cercare chi ha il nostro stesso verbo. Al contrario, dobbiamo dare casa a chi è “spatriato”. A chi non ha la possibilità di organizzare una mostra dove è vietato, o pubblicare un libro, o ravvivare la forza e la tradizione dei classici altrove negati, qui lo può fare. Qui preserviamo le statue. Non gettiamo al rogo Platone, Aristotele, eppure ci fu chi lo fece. Ma chi li preservò ci dà la possibilità ora di parlare al telefono, lei e io, adesso».
«La polis nasce dal logos, ma occorre costruire prima l’agorà»
Un tema che poi Buttafuoco declina anche sul terreno dell’accoglienza. Secondo lo scrittore, «l’Italia ha il vantaggio di essere il luogo dell’universale. È il concetto che l’ha generata. La differenza fondamentale tra la civiltà greca e quella romana, sta nel fatto che Roma nasce in conseguenza di un arrivo, di un approdo». «La nostra vocazione è questa: universale», ha proseguito Buttafuoco, illustrando poi la sua posizione sul fatto che «a mio parere il governo dovrebbe dare alla possibilità per i ragazzi che vengono formati con la nostra lingua nelle scuole, un sicuro approdo», perché «serve concretezza. Certo, bisogna fare i conti con la realtà: l’Italia non ha sovranità, ma il suo dna resta e deve restare capace di farsi forte della diversità». Quanto alle polemiche sulle parole del ministro Lollobrigida, Buttafuoco ha detto che «in primis bisogna capire che politica è innanzitutto parola». «La polis nasce dal logos (parola), ma occorre costruire prima l’agorà, la piazza. La stessa cosa si può anche dire in altri termini ed è inutile nascondersi dietro a un dito», ha proseguito, auspicando che «si smetta di fare dichiarazioni con interviste e si punti a fatti concreti».
La stoccata di Buttafuoco al provincialismo di Schlein
Poi, ricordando che uno dei temi ricorrenti di Buttafuoco è la natura, Giulia Cazzaniga, che firma l’intervista, gli ha chiesto cosa ne pensi della vicenda dell’orsa del Trentino: la abbatterebbe? «Dico solo che vivo a Roma, dove ormai i cinghiali hanno dimostrato che la natura è più forte di qualsiasi individuo. Sa che faccio ogni mattina? Mi sento con il mio amico Sandro, che sta in Sicilia. E la nostra prima e unica preoccupazione è sapere se sta piovendo o meno. Ad acqua e fuoco, dice il popolo, devi dare sempre luogo. Anche l’acqua innocente può uccidere. E così gli animali. Sono per l’ecologia, non per l’ambientalismo», ha chiarito. Infine, una domanda su un altro tema spesso affrontato da Buttafuoco: il nostro provincialismo. Lo siamo «al punto da far tenerezza, sì», ha rimarcato lo scrittore, chiedendo: «Le ha lette le dichiarazioni della Schlein sul termovalorizzatore? Una cosa tipo “il Pd deve guardare al futuro per costruire cicli positivi di circolarità che escano dal modello lineare”. Sa che mi veniva da risponderle? Alla Ettore Petrolini: se l’ipotiposi del sentimento personale, prostergando i prolegomeni della mia subcoscienza, fosse capace di reintegrare il proprio subiettivismo (continua…)».