Eugenia Roccella si racconta: dal borgo di Riesi alle lotte femministe. Con a fianco Pannella e due genitori speciali

20 Apr 2023 20:12 - di Annalisa Terranova
Eugenia Roccella

Un libro delicato, riflessivo, sincero. Questi gli aggettivi che vengono in mente dopo avere letto l’ultima pagina delle memorie familiari e politiche di Eugenia Roccella, “Una famiglia radicale” (edizioni Rubbettino). Ma non è l’autrice la vera protagonista. Lo sono i suoi ricordi. Lo sono i genitori, Wanda e Franco. Che lei descrive con commossa attenzione al dettaglio, con rispetto e devozione, facendoci ridere anche delle piccole baruffe domestiche. Non ne nasconde però i difetti, a cominciare dal più grande: l’averla lasciata appena nata a una zia, nel paese di Riesi, provincia di Caltanissetta, un borgo dove le strade erano piene di escrementi di cavalli ma che nelle rimembranze di Eugenia Roccella assume i meravigliosi contorni di un “nido” celestiale e benefico. Riesi appare, per l’intero libro, come l’alterità rispetto alla vita volutamente sregolata e scapigliata dei genitori.

L’infanzia a Riesi e l’influenza del nonno notaio

La casa era un porto di mare – scrive Roccella a proposito dell’abitazione dove a Riesi ha trascorso i primi anni dell’infanzia – affollata di gente di ogni tipo. Parenti in primo luogo, poiché le reti di parentela erano ampie e ramificate, e anche quando il vincolo di sangue era annacquato fino a essere insignificante, ci si chiamava cugino o zio. E poi amici, vicini di casa, famigli di vario tipo, sempre qualcuno che la zia aveva battezzato  o cresimato (il ruolo di ‘parrina’ implicava un impegno a  vita, ragazzi che guadagnavano qualcosa prestando piccoli servizi, fornitori, donne che venivano a fare le pulizie e a lavare i panni, i mezzadri che passavano con regolarità, la sartina per i lavoretti di rammendo e cucito, e chiunque, in un paese poverissimo, avesse bisogno di qualche soldo o aiuto. C’era sempre qualcuno che si fermava a mangiare con noi…“.

Eugenia, cresciuta inizialmente da una zia, non si riconosce però in una figura femminile. E’ la figura del nonno notaio quella a cui più si lega la sua personalità, quella che le ha trasmesso la tavola dei diritti e dei doveri: “Il nostro era un rapporto speciale, una nuvola di amorosi sensi che ci isolava…“. La piccola Eugenia già a due anni ha le idee chiare: a chi vuoi più bene, a mamma o a papà? E lei: “A nonno”. Nell’album di famiglia c’è anche un posto vuoto, quello della sorellina morta in ospedale. Una ferita raccontata con estremo pudore. Una morte dovuta a leggerezze inspiegabili. Ma l’autrice non giudica, si limita a non trovare le parole (è il capitolo più breve del libro).

Gli amici scapigliati di Wanda e Franco

Poi c’è la politica, il clima che Eugenia, tornata a Roma con i genitori, respira in casa grazie alla cerchia di amici “allevati a pane, laicismo e goliardia”. Sono gli animatori dell’Ugi (Unione goliardica italiana), i rappresentanti di un’intellettualità laica, libera e anticonformista. “Quasi ogni sera, a casa mia, c’era qualcuno del gruppo: Sergio Stanzani, Gino Roghi, Tullio De Mauro, Gino Giugni, Sergio Castriota, Lino Jannuzzi, Stefano Rodotà, e ovviamente Marco Pannella”. Pannella è un’altra figura che nel libro di Roccella giganteggia (“Tutto quello che so della politica l’ho imparato da Marco e non l’ho più dimenticato“).  Apprendiamo del suo modo di concepire la lotta politica, dei digiuni, della sessualità libera, di un tentativo di suicidio che fu proprio Franco Roccella a sventare, delle intuizioni geniali e delle sbavature di una personalità al tempo stesso appassionata e tirannica.

Le lotte femministe

E poi c’è l’impegno politico dell’autrice. Le lotte femministe per l’aborto sicuro ma non come “diritto” bensì come “ferita”. I dibattiti che si portano appresso il tema della maternità da sviscerare senza deliri metafisici. “Il corpo materno si divide – scrive Roccella – per nove mesi è due in uno, creature distinte in un unico corpo“. E infine e soprattutto ci sono la madre e il padre. Lei, geniale nella sua creatività. Lui, distratto sognatore alla conquista del successo politico, ma troppo coerente per poterlo conservare. Lei e lui pieni di contraddizioni che i figli non possono che guardare con la rassegnazione dell’amore.

La malattia della madre

E c’è l’incontro con la fede. Solo abbozzato da adolescente, maturato in età adulta. Eugenia assiste la madre in coma, la vede risvegliarsi. Si fa domande e si dà risposte. Sono pagine di riflessione profonda, sincera. La vita è sempre anti-ideologica. Soprattutto chi si balocca con le accuse di oscurantismo all’attuale ministro della Famiglia, ex radicale, ex femminista, ex Forza Italia e oggi esponente di FdI,  dovrebbe dare un’occhiata a questo libro. E imparare il rispetto, la comprensione, l’ascolto.

 

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