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FdI non è “erede” del fascismo e la sinistra non è l’unica “figlia” della Costituzione italiana

FdI non è “erede” del fascismo e la sinistra non è l’unica “figlia” della Costituzione italiana

Politica - di Carmelo Briguglio - 24 Aprile 2023 - AGGIORNATO 24 Aprile 2023 alle 17:53

In queste ore vedrete sempre più assemblare le parole “eredità” e “fascismo”; ma è difficile sostenere che in Italia ci siano ancora “eredi” del Ventennio: un ceto politico che non c’è più, si è estinto con i vecchi fondatori del Msi, se così si vuole proprio definirli. Dovrebbe essere cessata la materia del contendere. E invece no.

FdI non è “erede” del fascismo

Cosa si vuole allora? Che ci siano gli “eredi degli eredi”. E gli eredi di questi. Cioè, si inventa una categoria che non finisce mai: l’incatenamento sempiterno a una genealogia “maledetta” della destra – oggi FdI – a più di cento anni dalla nascita di un movimento politico – quello fascista, poi diventato regime e dittatura – che è morto e sepolto da 77 anni. Settantasette. Questo non è dibattito politico, è la rievocazione periodica del passo terribile della Genesi pronunciato da Lamech, discendente di Caino: “Sette volte sarà vendicato Caino ma Lamech settantasette”. Voglio dire: c’è un lascito che è messo a carico – con un’operazione anti-storica e incomprensibile per la gran parte degli italiani – sulle spalle delle giovani classi dirigenti della destra; cioè di una “élite” politica nata in buona parte negli anni settanta, ottanta, novanta – Giorgia Meloni è del 1977 – o persino gli inizi del secolo: ma attuale, non scorso. Suvvia; ci siamo compresi.
Piuttosto, vale la pena analizzare un’altra “eredità” che può e deve essere declinata in modo corretto e positivo: quella della Costituzione. La cui essenza non sta nello stabilire se l’antifascismo vi sia iscritto espressamente o sia in spirito, “in re ipsa”.

La destra non può essere “diseredata” dalla Costituzione

Le carte costituzionali, col tempo, non hanno più partiti costituenti. Sono fatte per questo. Perché dopo qualche decennio, rilevino sempre meno “i motivi” che portarono all’approvazione della Grundnorm, come la intendeva Kelsen, e sia sempre più la Ragione di tutti: la “Regola delle regole” condivisa, per vivere insieme nel presente, e sempre meno per “usare” politicamente un passato che giocoforza si allontana sempre più. Lo stesso vale per la “ratio” di ogni disposizione che la contiene. Ora, vedo che in una giornata come il 25 Aprile, ci sono soggetti politici che rivendicano a se medesimi e al loro schieramento l’”eredità” della Carta del ‘48; si proclamano eredi esclusivi, alzando uno steccato verso pretesi non eredi; addirittura, “diseredati” dalla Costituzione. Ma la Costituzione non ha diseredati, non può. É di tutti, per tutti. E quando fu inventato “l’arco costituzionale”, come “conventio ad excludendum” verso un’area politica e alcuni milioni di italiani, l’”arco” é finito addosso ai suoi creatori e ed è andata al governo la destra “proscritta”: ieri An, oggi ancor più, FdI. Anche questa è una interpretazione accettabile della fine della Prima Repubblica.

Non ci sono più partiti “costituenti” e la Carta non è un testamento

Ma ci sono politici progressisti e osservatori della loro area culturale mediatica, che sostengono ancora, con lessico diverso ma uguale nella sostanza a quello trapassato dell’”arco”, concetti similari: il partito della premier sarebbe “diseredato”, perché “loro non c’erano”. E vogliono dire: i loro “antenati” – Msi e An – non erano rappresentati nell’Assemblea costituente che approvò la nostra Carta. O più esattamente, che compilò e approvò il primo testo: quello originario o originale. Ma è corretta questa “deminutio” usata contro Giorgia Meloni e i suoi? A me non pare affatto. Intanto perché – va annotato – i partiti politici presenti alla Costituente sono morti tutti. Com’era naturale. E non c’è, non è mai esistito il ruolo di eredi dei costituenti. Erano “padri” senza previsione di “figli” o “legatari”. “Padri costituenti” è nozione che tutti comprendiamo; e rispettiamo. Non è previsto il “ruolo” di eredi politici, né in capo a singoli, né a formazioni collettive. La Carta non é un testamento. E – a rigore – nessuno dei partiti oggi presenti in Parlamento era presente nell’Assemblea eletta nel 1946 che lavorò fino alla sua definitiva redazione.
DC, PCI, PSI, PLI, Uomo Qualunque, Partito d’Azione o Monarchici – le “forme”politiche di allora – sono morte e sepolte. Com’era fisiologico accadesse. Era un altro tempo. Un altro secolo. E un altro mondo; davvero. Nessuno dei partiti odierni c’era. E allora ?

La destra ha contribuito a modernizzare la Costituzione

Si trascura anche un altro dato: la Costituzione che abbiamo oggi, quella vigente, non è quella – o solo quella – che fu approvata nel 1948. Il testo è stato cambiato o più esattamente sottoposto a revisione molte volte e in norme essenziali: abrogate, modificate, introdotte. É un elemento che nel dibattito politico – che da noi è diventato storico-politico, talvolta solo storico animato da politici e non da storici, il che a me pare una vogue inappropriata e rischiosa da abbandonare – viene dimenticato o sottovalutato. Si tratta di correzioni e adeguamenti importanti, alcune di vasta portata che hanno inciso pure sulla forma di governo della nostra Repubblica. Delle 47 leggi costituzionali, ben 39 sono state approvate dal Parlamento italiano. Vale la pena notare che la destra politica (Msi, An, Pdl, Fli, FdI) è stata rappresentata in Parlamento, con propri deputati e senatori, fin dalla prima legislatura, da quella scaturita dalle elezioni del 18 aprile 1948, che quasi nessuno ricorda più e sappiamo tutti perché. I quali parlamentari della destra, quindi, hanno partecipato a “fare” la Costituzione come oggi l’abbiamo – rivista, revisionata, modificata – e sulla quale hanno giurato Capi dello Stato, presidenti del Consiglio, Ministri. Oggi – osservazione pressoché banale, ma che illumina un angolo buio del dibattito pubblico – non si giura sulla Costituzione del ‘48. Ma su quella attuale, vigente e resa viva, anche dalle sue innovazioni; per merito delle classi dirigenti che si sono succedute nel dopoguerra, nelle mutevoli composizioni parlamentari; delle maggioranze e delle opposizioni che hanno animato il rito della democrazia politica dando e ricevendo, a turno, il testimone dell’alternanza. E quindi per opera del Corpo elettorale che le ha espresse; del popolo sovrano, in definitiva, per il tramite delle sue rappresentanze o direttamente mediante lo strumento del referendum, com’è accaduto, approvando o rigettando, più volte: nel 2001, nel 2006, nel 2016 e nel 2020.
Ci sono state riforme costituzionali davvero “costituenti”: hanno profondamente cambiato il vecchio testo redatto 75 anni fa. Non mi soffermo sulle singole leggi costituzionali.

La “rive droit” ha allargato i diritti politici e i confini della nostra democrazia

Faccio due sole riflessioni sul ruolo della destra italiana nel processo di modernizzazione della Costituzione. La prima: la “rive droit”, in questi anni, è stata soggetto attivo di cambiamenti della Costituzione che hanno una comune caratteristica: hanno allargato sempre – ribadisco, sempre – i territori dei diritti politici e i confini della democrazia italiana. Così è stato e cito solo due casi davvero “esemplari: con le leggi sul voto agli italiani all’estero fortemente volute dal compianto Mirko Tremaglia (leggi costituzionali n.1/2000 e n.1/2001); e col “Tatarellum” – dal nome di Pinuccio Tatarella, padre nobile della destra contemporanea – la legge che ha dato ai cittadini il diritto di eleggere i presidenti delle regioni (legge costituzionale 1/1999). Potrei menzionare altre riforme a cui la destra ha dato il suo contributo attivo, qualcuna “sorprendente” per chi nutre pregiudizi: non ultima l’abolizione della pena di morte che fino al 2007 era ammessa dal vecchio articolo 27 Costituzione “nei casi previsti dalle leggi militari di guerra” (fu relatore della legge il senatore di An Learco Saporito); o la modifica dell’articolo 51, per “costituzionalizzare” le pari opportunità uomo-donna. Se volete, potete anche iscrivere i “meloniani” – com’è stato – alla lista di quanti hanno votato a favore della recente riduzione del numero dei parlamentari. Il giudizio su questa “riforma” è controverso, ma non c’è dubbio che abbia profondamente modificato la Carta costituzionale. Potrei andare più avanti o più indietro, con altra casistica: non é necessario. Basta quanto sopra, ritengo.

Meloni difese la Costituzione dalla pessima riforma Renzi-Boschi

Il secondo dato: quando si è trattato di modificare la Costituzione in una direzione che vedeva la «degradazione del Senato in Camera secondaria», con «l’umiliazione della politica» e il pericolo di un «progressivo svuotamento della democrazia» (cito per tutti Zagrebelsky), ma obiettivamente non inclusiva, com’è stato con la contrastata riforma Renzi-Boschi (che venne “da sinistra”, non va dimenticato) il partito di Giorgia Meloni si schierò contro, in Parlamento e nel referendum; che poi bocciò la riforma, provocando le dimissioni di Renzi da premier. Cioè: la destra ha difeso la Costituzione da un assalto improvvido. Si può dire o no ? Mica parliamo di nulla. Che dite ? In materia di Costituzione la destra politica ha o no piena facoltà di riferirsi ad essa come “figlia legittima” o no? Io credo di sì. Ed é il caso che in occasione della festa del 25 Aprile, che deve essere sempre più condivisa, si comprendesse che ha valore l’adesione in ogni tempo alla Carta, formale e materiale, la sua quotidiana pratica: è questo ciò che conta ed è richiesto al buon cittadino, singolo o associato, ancorché chiamato a funzioni pubbliche. Si chiama spirito repubblicano o patriottismo costituzionale. La destra italiana lo ha avuto; lo ha.

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di Carmelo Briguglio - 24 Aprile 2023