I pentiti del comunismo, Moretti manda in estasi la stampa di sinistra: “Film perfetto, un sogno”
Basta leggere l’incipit di Repubblica per comprendere l’accoglienza riservata dai critici di sinistra all’ultimo film di Nanni Moretti, “Il sol dell’avvenire“, una storia ambientata negli anni Cinquanta tra i “compagni” spaesati per l’invasione dell’Ungheria da parte degli amici dell’Urss, su cui il regista immagina un Togliatti sofferto e una base non convinta della decisione. “Il sol dell’avvenire, da domani al cinema, ha un difetto: dura solo 95 minuti, e se ne vorrebbe di più. Perché non è solo ‘un film di Nanni Moretti’. È ‘il cinema di Nanni Moretti’. C’è una bella differenza….”. Standing ovation, in sala. Ma per ora riempita solo di critici, forse comunisti pentiti anche loro, e non solo dell’invasione in Ungheria.
Nanni Moretti e il film che corregge il comunismo cattivo
Può bastare l’incipit di Repubblica? No, c’è anche La Stampa in estasi. “E se la storia si facesse con i se? Se potessimo riscriverla? Se potesse farlo Ennio, giornalista dell’Unità, segretario della sezione del Pci al Quarticciolo a Roma, così come il regista Giovanni riscrive i titoli di giornale del 1956, per farli assomigliare a quel che il destino del Partito Comunista Italiano avrebbe potuto essere, e non è stato. Se solo dopo i fatti d’Ungheria fosse andato dietro ai dubbi di Di Vittorio, e non alla volontà di ferro di Palmiro Togliatti di non tradire la fedeltà all’Unione sovietica…”. Ed ancora, nel colonnino accanto al pezzo centrale: “Film politico? Sì, nel senso che ogni pellicola del cineasta romano può definirsi politica: ma soprattutto opera personalissima che ne porta in pieno la firma e trova i momenti di massima emozione nei vagabondaggi, in certe scene di abbandono di canto e danza alla musica; o in un solitario palleggio alla luce di un crepuscolare tramonto romano che, chissà, magari è un sole di riconciliazione…”. No, se si critica il comunismo non è un film politico…
I “compagni” che attendono il loro messìa
Piace, Nanni Moretti a sinistra piace sempre, anche dopo il flop del suo penultimo film, “Tre piani”, visto da pochi intimi al cinema nonostante l’effluvio di critiche positive. I “compagni di sempre” lo attendono in sala, pronti a tributargli un omaggio alla carriera: “Frse non è casuale che il soggetto del film nel film sia il tormento dei militanti comunisti di fronte all’invasione sovietica e all’ortodossia del Pci, quasi che Moretti si sia sentito come chi era stato obbligato a rientrare nei ranghi dell’ortodossia e non a seguire la passione che invece trionfa nell’utopico cartello che chiude il film. – scrive il Corriere – Lo ribadisce anche dal punto di vista del protagonista a cui il balletto e la sfilata finale non possono nascondere il suo doppio fallimento, quello umano di marito e quello professionale di regista: sui due fronti dovrà fare i conti con una inequivocabile sconfitta. Certo Moretti non è persona che si arrende facilmente, nel dialogo che instaura con lo spettatore dà prova di una caparbietà che non vuole accettare la sconfitta e da qualche parte un punto a suo favore lo segna (per esempio con la coppia di fidanzati riluttanti che guardano La dolce vita ) ma le ferree certezze di una volta sono tramontate da tempo. Senza però piangersi addosso o lasciarsi andare a inutili nostalgie: il sole che illumina l’avvenire, sembra dirci il film, continuerà a sorgere ma non potrà più nascondere le ferite che ci hanno e ci siamo fatti”.