Iran, Fratelli d’Italia: “L’Europa esca dal silenzio. Servono sanzioni contro un regime spietato”

13 Apr 2023 18:16 - di Sara De Vico

Esecuzioni, torture, desaparecidos. “Il governo iraniano è un governo canaglia e come tale va trattato senza se e senza ma. Come Italia, dobbiamo far pressione sull’Europa affinché venga attuata una politica comune contro il regime”. Così Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia e membro della commissione Affari esteri della Camera. È la linea emersa durante la conferenza stampa promossa a Montecitorio da Elisabetta Gardini per chiedere un nuovo approccio e una nuova politica sull’Iran.

Iran, FdI: l’Europa si svegli, le denunce non bastano

“Il mondo – continua Di Giuseppe – si è svegliato dopo la brutale uccisione di Mahsa Amini. Arrestata e picchiata a morte dalla polizia morale perché indossava male l’hijab. C’è stata una presa di coscienza internazionale di atrocità che, non prendiamoci in giro, non sono una novità e vanno avanti da decenni. Non basta la condanna morale”, incalza il deputato di FdI. “Servono azioni forti, sanzioni all’Iran. Altrimenti non si andrà da nessuna parte. L’Unione europea deve farsi sentire in maniera decisa, non è possibile che gli Stati Uniti adottino una politica molto più forte rispetto alla nostra”.

Contro un regime spietato servono sanzioni

“Se vogliamo dirla tutta – conclude Di Giuseppe – oggi l’Iran è il principale alleato della Russia (sanzionata per la guerra con l’Ucraina). E noi rimaniamo in silenzio. Dobbiamo mantenere alta l’attenzione. Non è possibile che fino a un mese fa si parlasse dell’Iran su tutte le prime pagine e oggi quello spazio sia occupato dalla carne sintetica. Una notizia decisamente banale in confronto alle morti di cui ci arrivano informazioni dal Medioriente”.

I numeri di Iran Human Rights: 582 esecuzioni nel 2022

Le autorità iraniane hanno giustiziato per impiccagione 582 persone nel 2022. La triste conta dei morti emerge da un rapporto pubblicato dalle organizzazioni non governative Iran Human Rights (IHR) e Together Against the Death Penalty (ECPM). Che hanno sottolineato che la cifra è la più alta dal 2015. Ma il numero reale delle esecuzioni potrebbe essere ancora superiore. Le ong hanno indicato nella prefazione del report che “a causa di un contesto molto difficile, della mancanza di trasparenza e degli evidenti rischi e vincoli affrontati dagli attivisti in Iran, il rapporto non fornisce un quadro completo dell’uso della pena di morte in Iran. Ci sono segnalazioni di esecuzioni che non sono incluse in questo rapporto a causa di dettagli insufficienti. O dell’impossibilità di confermare i casi attraverso due diverse fonti”. Il rapporto non include nemmeno i 537 manifestanti uccisi durante le proteste a seguito del morte di Mahsa Amini e le “morti sospette in custodia” o “quelli uccisi con la tortura”.

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