Pescara, racket delle occupazioni e spaccio: 19 arresti per associazione mafiosa

13 Apr 2023 13:58 - di Redazione
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Diciannove persone sono state arrestate a Pescara con l’accusa di associazione di stampo mafioso. Le misure cautelari, 18 in carcere e una ai domiciliari, sono firmate dal Gip dell’Aquila, sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia, e sono state eseguite nel corso di una imponente operazione condotta dai carabinieri: vi hanno partecipato oltre 100 militari, supportati dagli elicotteri e dal nucleo cinofili. Il racket delle occupazioni abusive e lo spaccio erano tra le principali attività di questo sodalizio, che teneva in scacco un intero quadrante della città con metodi indicati come tipicamente mafiosi.

Le indagini durate due anni e coordinate dalla Dda

Si tratta della prima volta, hanno ricordato gli inquirenti, che a Pescara viene «inequivocabilmente documentata l’esistenza di un gruppo criminale composto prevalentemente da nuclei familiari, residenti nel quartiere Rancitelli, dediti alla pratica e all’ostentazione della violenza verso le persone e le cose». Le indagini sono durate due anni e hanno portato a mettere in fila una serie di crimini prima perseguiti singolarmente fino a delineare un quadro complessivo di violenza e sopraffazioni nei confronti di cittadini, funzionari pubblici e giornalisti ascrivibile alla modalità mafiosa. La base operativa del sodalizio era il cosiddetto “Ferro di Cavallo”, per il quale a gennaio di quest’anno sono iniziate le procedure di abbattimento.

L’operazione segna «un cambio di passo nella comprensione delle dinamiche criminali a Pescara»

Per questo l’indagine, che si è avvalsa anche di avanzate tecniche di sorveglianza audio e video, segna «un cambio di passo – si legge in una nota della Procura – nella comprensione delle dinamiche della criminalità urbana pescarese e sottolinea l’estrema pericolosità dei gruppi organizzati, che riproducono su scala territoriale ridotta, ma con la medesima intensità aggressiva, i fenomeni mafiosi che si è soliti contrastare su scala regionale o nazionale».

L’attenzione sui “reati spia” e sul disagio dei cittadini

In particolare, l’attività investigativa ha preso il via seguendo la pista di quello che vengono definiti «reati spia», che avevano reso «gradualmente invivibile» il quartiere Rancitelli. A carico degli indagati, che sarebbero per lo più di etnia rom, si parla di estorsioni, possesso di armi ed esplosivi, traffico illecito di sostanze stupefacenti, tentato omicidio, danneggiamento aggravato, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti, occupazioni abusive di immobili, minaccia aggravata e truffa.

Le aggressioni a Brumotti e Piervincenzi

Tra gli episodi di violenza e minacce, con lo scopo di indurre il tessuto sociale all’omertà, si segnalano alcuni incendi dolosi, avvenuti nel rione del Ferro di Cavallo, di automobili di proprietà di un testimone oculare di omicidio e di quei pochi cittadini che avevano tentato di infrangere il muro di omertà a cui erano stati costretti. Aggressioni e violenze si sono registrate anche ai danni di alcuni giornalisti che tentavano di documentare la situazione nel quartiere. La Procura ricorda in particolare ripetuti episodi nei confronti di Vittorio Brumotti di Mediaset e uno nei confronti di Daniele Piervincenzi della Rai.

Le occupazioni abusive e lo spaccio nelle mani del clan di Pescara

Registrate anche intimidazione contro pubblici funzionari nel corso delle occupazioni e del commercio illegale di case popolari, che «hanno consentito di apprezzare il controllo egemonico sul territorio, nonché l’imposizione di un “cartello” che fissava il prezzo di vendita degli stupefacenti in tutte le piazze di spaccio». Un’attività, quella dello spaccio, che aveva fatto del Ferro di Cavallo una piazza nevralgica per tutto l’Abruzzo e il centro Italia e che si estendeva anche alle carceri, «con le medesime prassi violente utilizzate all’esterno, fatte di pestaggi e di veri e propri raid punitivi nei confronti di detenuti insolventi o non ancora piegati alle regole dell’organizzazione».

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