Pietro Orlandi corregge il tiro su Wojtyla. Il legale: “Ha chiesto solo di cercare la verità”
Le frase choc di Pietro Orlandi «Ho sentito dire che Wojtyla ogni tanto la sera usciva con due monsignori polacchi e non andava certo a benedire le case» non è rimasta senza conseguenze. Tanto che oggi il legale del fratello di Emanuela, scomparsa nel giugno di 40 anni fa, è stato costretto a una “precisazione”.
«Il signor Pietro Orlandi non ha inteso formulare accuse nei confronti di alcuna persona, lo ha ribadito al Promotore, lo ha anche scritto in una memoria che ha depositato durante la sua deposizione. Ha chiesto solo che la ricerca della verità non abbia condizionamenti»: lo precisa in una nota l’avvocato Laura Sgrò, che assiste il fratello della ragazza scomparsa quasi 40 anni fa.
Laura Sgrò, avvocato di Pietro Orlandi, corregge il tiro
«Il signor Orlandi – sottolinea la legale del fratello di Emanuela – non ha inteso formulare accuse nei confronti di alcuna persona, lo ha ribadito al Promotore, lo ha anche scritto in una memoria che ha depositato durante la sua deposizione. Egli ha chiesto solo che la ricerca della verità non abbia condizionamenti». «Spiace – prosegue – che alcune persone abbiano estrapolato qualche frase manipolando il quadro complessivo delle sue dichiarazioni. Spiace, altrettanto, che, tra coloro che lo accusano a mezzo stampa di ledere la memoria di chi non c’è più, vi sia anche chi, contattato negli anni numerose volte dal signor Orlandi, si sia sempre sottratto a un confronto autentico e sincero con lui». «La ricerca della verità – conclude Sgrò – è un atto di coraggio e il Santo Padre ha manifestato di volere percorrere con forza questa strada. L’augurio è che questo atto straordinario, ma doveroso, non appartenga solo a Sua Santità».
La replica di Avvenire: “Accuse infamanti contro un Santo, basate sui si dice”
«Non è solo il fatto che sotto accusa sia messo un Papa, riconosciuto Santo (che non è affatto poco) – replica in un articolo oggi Avvenire – ,a se le prove sono quelle esibite, è la memoria di Wojtyla ad essere ingiustamente infangata. I diritti che giustamente si riconoscono a un uomo provato per la misteriosa scomparsa della sorella, non possono essere in qualche modo sottratti al buon nome (non si dice alla santità) di una persona che non può difendersi da accuse così infamanti. Non occorre, anzi appare addirittura banale, ricordare la figura di un gigante della Chiesa e della storia, un Papa amatissimo per restare esterrefatti e sconcertati di fronte ad affermazioni di così grave portata».
L’Osservatore romano: “Nessuna prova, un massacro mediatico infamante”
“Solo anonime accuse infamanti”. Così l’Osservatore Romano definisce le accuse rivolte a Giovanni Paolo II in relazione al caso di Emanuela Orlandi. Nell’editoriale pubblicato dal quotidiano della Santa Sede si legge ancora: “Prove? Nessuna. Indizi? Men che meno. Testimonianze almeno di seconda o terza mano? Neanche l’ombra”. Secondo l’Osservatore Romano si tratta di “una follia” di “un massacro mediatico” che ” intristisce e sgomenta ferendo il cuore di milioni di credenti e non credenti. E’ sacrosanto – si legge ancora – che si indaghi a 360 gradi per cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela. Ma nessuno merita di essere diffamato in questo modo, senza neanche uno straccio di indizio, sulla base dei “si dice” di qualche sconosciuto personaggio del sottobosco criminale o di qualche squallido anonimo commento propalato in diretta Tv”.
Antoniozzi: “La ricerca della verità non giustifica le calunnie contro un santo”
Dura la nota di Alfredo Antoniozzi vice capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera: «Non possiamo non esprimere sdegno per come è stata dipinta la figura di un grande Papa – aggiunge Antoniozzi – da alcune trasmissioni e siti che hanno , peraltro, utilizzato come fonti criminali e personaggi inquietanti. Se ci sono state omissioni è giusto che emergano da ogni fonte ma con il limite della continenza verso una figura così imponente , vittima di una narrazione veramente ingiustificabile. Il rispetto che si deve a una grande figura come Woityla – conclude Antoniozzi – impone che volgari chiacchiericci diffusi da delinquenti siano trattati come tali e non come possibile, assurda verità».