Riforma del patto di stabilità, FdI: Ue poco convincente, si insegue il rigore e si trascura la crescita
Un patto di stabilità più “equilibrato”, ma anche con regole più “efficaci”, che prevedono una riduzione del debito “più graduale” rispetto a quella prescritta dalle norme tuttora in vigore ma sospese nel 2020. Un quadro che dovrebbe incentivare, secondo la Commissione Ue, le “riforme” e gli “investimenti” di cui l’Ue ha un grande bisogno nel nuovo contesto geopolitico. Per dirla con il commissario Paolo Gentiloni, il vecchio patto di stabilità “ha fatto il suo tempo” e l’Europa non si può rassegnare ad un quadro fatto di “bassa crescita” e “alto debito”.
La Commissione Europea ha presentato oggi a Bruxelles le attesissime proposte legislative per riformare il quadro Ue di governance economica, giusto in tempo per consentire ai ministri delle Finanze di avere un primo scambio, o perlomeno di posizionarsi in vista del negoziato in Consiglio, nell’Ecofin e nell’Eurogruppo informale di questo fine settimana a Stoccolma.
In sostanza, gli Stati membri che sforano i tetti del 3% del rapporto deficit/Pil e/o del 60% nel rapporto tra debito pubblico e Pil dovranno rispettare delle traiettorie specifiche di bilancio a medio termine che assicurino un rientro del deficit sotto il 3% e che pongano il debito su un percorso discendente in modo stabile
Le proposte sulla riforma del Patto di stabilità e crescita, presentate oggi dalla Commissione europea “non convincono pienamente. Se da un lato è positivo il tentativo di superare la rigidità delle attuali norme, le quali, evidentemente, non sono più adatte rispetto al delicato contesto economico che stiamo attraversando, dall’altro, purtroppo, il pendolo sembra aver oscillato in direzione del rigore e non della crescita”. Così in una nota il capodelegazione di Fratelli d’Italia-Ecr Carlo Fidanza e l’eurodeputato di FdI Denis Nesci componente della commissione Ecofin del Parlamento europeo.
“Infatti, aver fissato l’imposizione di un tetto pluriennale alla spesa pubblica senza altresì prevedere una “golden rule” per gli investimenti pubblici rischia di mettere a repentaglio la ripresa economica e la crescita dei Paesi con un alto debito, come l’Italia. Per rilanciare la nostra competitività – continuano Fidanza e Nesci – abbiamo bisogno di una politica industriale e commerciale adeguata e solida, accompagnata da regole economiche che dovrebbero essere predisposte per andare incontro alle esigenze degli Stati membri, evitando di imporre freni e vincoli che ne impediscano il pieno sviluppo. Pertanto, sarà necessario rivedere le nuove introduzioni relative all’aggiustamento fiscale annuale che risulteranno particolarmente gravose per diversi Stati membri. L’auspicio è che durante le negoziazioni il testo finale venga migliorato per raggiungere un maggiore equilibrio tra i due valori, stabilità e crescita, entrambi necessari”.