Strage di Erba: la difesa cita nuove prove e un pusher tunisino. “Fu un regolamento di conti per la droga”

13 Apr 2023 19:50 - di Carlo Marini
strage di Erba

La “pista” per la strage di Erba fu un “regolamento dei conti da cercare nel mondo dello spaccio” e c’è un “testimone nuovo” un pregiudicato tunisino che “nessuno ha mai rintracciato ma solo intervistato”. Audio e video inediti, ma anche intercettazioni ‘sparite’, c’è il lavoro di 15 professionisti nelle consulenze che la difesa dei coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in cia definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, hanno consegnato nelle mani del sostituto procuratore della corte d’appello di Milano Cuno Tarfusser che, negli ultimi mesi, almeno cinque, ha lavorato in gran segreto per cercare di mettere nero su bianco le sue perplessità nella ricostruzione di quanto accaduto l’11 dicembre 2006 nella corte di via Diaz.

Da quanto si apprende, nella richiesta di revisione sulla strage di Erba – ora nelle mani della procuratrice generale Francesca Nanni e l’avvocato generale Lucilla Tontodonati – si offrono “nuove prove” che porterebbero a ‘smontare’ le sentenze e a offrire una diversa lettura di quanto accaduto quella notte nella ‘palazzina del ghiaccio’ dove, sotto i colpi di spranga e coltello, persero la vita Raffaella Castagna, il figlio di 2 anni Youssef Marzouk, la nonna del piccola Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Si salvò, per una malformazione congenita alla carotide, il marito Mario Frigerio, unico testimone oculare di quella strage. Video e audio delle intercettazioni ambientali del sopravvissuto, mentre era ricoverato all’ospedale Sant’Anna di Como e veniva sollecitato a ricordare chi lo avesse aggredito, sono finiti sotto la lente del sostituto procuratore generale, così come la consulenza che riguarda le tracce audio e video prima della confessione di Olindo e Rosa (‘suggerita’ a dire della difesa) e la consulenza sulla traccia ematica che attesterebbe “l’impossibilità che provenga dal battitacco dell’auto” del condannato. Se su quella traccia ematica finora la difesa ha fatto un atto di fede, ora fa marcia indietro: quella traccia non esiste, “è una suggestione ottica” a usare le parole del difensore Fabio Schembri.

In discussione – oltre alle intercettazioni alle intercettazioni ‘scomparse’ in ospedale e a casa dei coniugi Romano – è finita anche la dinamica della morte della Cherubini, che lascia supporre che gli aggressori siano ancora presenti all’arrivo dei primi soccorritori accorsi per spegnere le fiamme. Se le consulenze hanno offerto una base per una valutazione autonoma del pg Tarfusser (su cui dovranno esprimersi i vertici della procura generale), nella richiesta di revisione della difesa – verrà deposita la prossima settimana a Brescia, distretto giudiziario competente – vengono inserite anche altre carte: gli elementi distrutti dopo la sentenza definitiva (su cui i legali avevano chiesto accertamenti), la testimonianza di un ex carabiniere e le rivelazioni di un teste chiave.

Si tratta di un uomo tunisino, legato in affari con il fratello di Azouz Marzouk (compagno e padre di due delle vittime), finito in un’inchiesta della Guardia di finanza e rintracciato fisicamente dalla difesa solo qualche mese fa che avrebbe offerto una pista alternativa: un regolamento di conti tra bande rivali, legato al mercato dello spaccio, che sarebbe sfociato nell’agguato all’interno dell’appartamento in cui, secondo il suo racconto, venivano nascosti droga e soldi. “Ogni singolo elemento di prova non regge e ora i nuovi elementi vanno a intaccare la condanna. L’inziativa del sostituto procuratore di Milano è un’iniziativa autonoma, sarà la procura di Brescia, prima con un vaglio di ammissibilità, poi con un’eventuale udienza a decidere se questo caso va riaperto” conclude l’avvocato Fabio Schembri

 

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