Usa, Trump è in stato d’arresto. L’ex-presidente: «Udienza surreale. Non pare di stare negli Usa»

4 Apr 2023 20:50 - di Redazione
Trump

«Sembra così surreale. Mi stanno per arrestare. Non riesco a credere che questa cosa stia accadendo in America». È l’ultimo messaggio postato da Donald Trump sul suo social Truth, mentre era diretto alla Procura di Manhattan, dove si è consegnato alle autorità giudiziarie. E dove è subito scattata per lui la procedura che lo pone in stato di arresto. Non proprio una formalità, dal momento che essa decade solo quando Trump s’impegnerà nelle forme di rito a non sottrarsi al processo. E tutto questo dovrebbe avvenire al termine dell’udienza preliminare fissata per le 20,15 ora italiana. Nel frattempo, l’ex-presidente si è già sottoposto alla procedura di identificazione, con tanto di prelievo delle impronte digitali.

Trump identificato col prelievo delle impronte digitali

Non gli dovrebbero invece scattare foto segnaletiche, non essendo Trump un incriminato a rischio fuga. Secondo fonti citate dalla Cnn, Trump ha chiesto per due volte che gli facessero le foto segnaletiche, ma senza successo. Com’è ormai noto a far scattare l’incriminazione ai suoi danni è stata la vicenda dei 130mila dollari versati quando era candidato alla Casa Bianca alla pornostar Stormy Daniels in cambio del suo silenzio sulla loro relazione. Ma questo sarebbe solo il più eclatante di una lista di ben 34 capi d’imputazione che vedono Trump rispondere di reati connessi all’ipotesi di evasione fiscale, crimine punito molto severamente negli Usa.

I suoi legali: «Si dichiarerà “non colpevole”»

Nel caso di specie, tuttavia, si tratterebbe di questioni legate ai fondi raccolti nella campagna elettorale del 2016, la cui configurazione come reato appare molto dubbio. In ogni caso, i suoi legali hanno già anticipato che il loro assistito si dichiarerà «non colpevole». Ma oltre agli aspetti giudiziari, contano anche quelli politici e mediatici. Trump non ha fatto nulla, ovviamente, per sdrammatizzare la situazione. Anzi, ha subito agitato l’iniziativa del prosecutor (l’equivalente del nostro pm) Bragg, di chiara estrazione politica dem (negli Usa non è uno scandalo), per chiamare a raccolta i suoi. Operazione riuscita, almeno a giudicare dalla folla che si è radunata davanti al tribunale di New York (città alquanto ostile all’ex-presidente) in attesa che vi facesse ingresso il proprio beniamino.

 

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