Elezioni, gli italiani hanno premiato il ritorno di un governo politico. È questo l’effetto-Meloni

16 Mag 2023 10:07 - di Lando Chiarini
effetto-Meloni

Il primo premio per la migliore comicità involontaria va al Domani che oggi così “apre” a commento della tornata elettorale di ieri: «Schlein regge l’urto dell’onda nera. Nelle città l’effetto Meloni non c’è». Il perché di cotanta baldanza lo spiega il catenaccio: «Brescia resta al Pd. Ad Ancona resiste e va al ballottaggio. A Latina come previsto la destra a valanga. Il centrosinistra riapre la partita di Siena, che cinque anni fa aveva perduto». Facessimo così al Secolo d’Italia, non ci sarebbe da scandalizzarsi: il nostro è un giornale che ha il pedigree di organo di partito. Diverso è per un giornale che, pur politicamente schierato a sinistra come il Domani, si picca di appartenere alla celebrata categoria degli “indipendenti“. E forse lo è davvero, ma dai fatti.

Solo il Domani rosica: «Nelle città l’effetto-Meloni non c’è»

E sì perché quel titolo sfiora addirittura il ridicolo. È come se all’indomani dello sbarco alleato in Sicilia i giornali italiani avessero scritto “La Calabria è nostra“. Il centrodestra, infatti, chiude il primo turno con un vantaggio rassicurante (4 a 2), prenota la vittoria a Pisa, è primo ad Ancona, Terni e Brindisi e ha ottime chance di successo a Vicenza e Siena. Fa storia a sé Massa, dove il candidato di FI e Lega potrà verosimilmente contare al ballottaggio sul 20 per cento raccolto dal rivale di FdI al primo turno. Come chiunque può, dunque, ben vedere (tranne gli strabici del Domani), l’effetto-Meloni nelle città c’è, per quanto ci si debba sforzare non poco per attribuire valenza nazionale ad un voto condizionato da istanze prevalentemente, se non esclusivamente, locali.

Il primo turno premia il centrodestra

In tal senso, anzi, il risultato del centrodestra risulta ancor più apprezzabile considerando che solitamente il governo in carica soffre nelle cosiddette elezioni di medio termine. Questa volta è accaduto il contrario. Ma un’indizio della vitalità dell’effetto-Meloni è rinvenibile persino nel contenutissimo astensionismo (intorno al 2 per cento) che ha contrassegnato questo turno elettorale. Certo, è impossibile sostenere la tesi di un’inversione di tendenza, ma è possibile cogliere nel dato della partecipazione un accenno di frenata rispetto alla massiccia diserzione dalle urne degli ultimi tempi.

Astensionismo più contenuto

È come se l’avvento di un governo politico, riconoscibile nella propria identità programmatica e munito della necessaria legittimazione popolare avesse fatto breccia nel muro di sfiducia verso le istituzioni eretto negli ultimi anni dai cittadini. Così come sarebbe un errore sottovalutare il richiamo esercitato in tal senso dal cantiere delle riforme avviato dall’esecutivo. Per la prima volta dopo anni, infatti, gli italiani “avvertono” che la politica può avviare davvero un rinnovamento delle istituzioni. Ed è proprio questo, a ben guardare, l’aspetto più prezioso dell’effetto-Meloni.

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