Emilia Romagna, così si potevano contenere i fiumi. Ma le opere non sono mai state realizzate
Vasche di laminazione non funzionanti, alvei dei fiumi lasciati senza pulizia, casse di espansione, che servono per contenere gli argini, mai terminate. A monte del disastro che ha colpito l’Emilia Romagna oltre alla furia della natura c’è anche l’assenza dell’uomo, delle opere necessarie alla prevenzione. E non è solo questione di burocrazia e inefficienza della macchina amministrativa: a metterci del proprio sono stati anche i diktat dell’ideologia ambientalista.
Dalle vasche di laminazione alla pulizia degli alvei: la prevenzione mancata in Emilia Romagna
Il dato, in questi giorni in cui ci si è concentrati soprattutto nel far fronte all’emergenza, è già emerso nelle pieghe del dibattito. Oggi ci ha pensato La Verità a mettere in fila una serie di opere e lavori che in Emilia Romagna sono mancati anche, se non soprattutto, per una serie di veti incrociati in nome di una difesa del territorio che spesso finisce per esserne invece la condanna.
L’esempio Veneto, che si salvò dal doppio dell’acqua
La carrellata inizia con le vasche di laminazione, che servono ad accogliere le acque in eccesso che i fiumi in piena non sono in grado di contenere. Nel 2018 salvarono il Veneto dalla tempesta Vaia, che fece abbattere sulla regione oltre il doppio dell’acqua che – stime a due giorni fa – ha investito l’Emilia Romagna: 700 millimetri di allora contro i 300 di oggi. Il punto è che in Veneto c’erano e funzionavano, in Emilia Romagna “su 23 progetti finanziati con 190 milioni dallo Stato, ne funzionano a pieno regime 12”, spiega La Verità, spiegando che questo accade “perché gli ecologisti (che in Regione stanno in maggioranza con il Pd) non le vogliono, le ritengono ulteriore consumo di suolo, cemento dannoso che destabilizza l’armonia della natura”.
In Emilia Romagna spesa solo la metà dei soldi destinati alla difesa del suolo
“Secondo il Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del suolo dal 1999 al 2023 in Emilia sono stati finanziati 529 progetti di messa in sicurezza con un impegno spesa di 561 milioni, ma solo 368 sono stati ultimati. All’appello ne mancano 161 che valgono 258 milioni, oltre la metà dei soldi destinati alla Regione”, si legge ancora nell’articolo.
La pulizia dei fiumi e le casse di espansione
Fra i lavori necessari rimasti inevasi ci sono poi quelli di pulizia degli alvei fluviali, mancati “per non disturbare istrici, tassi, volpi” che con le tane aggravano il problema. E così i fiumi non reggono: era già successo nel 2014 al Santerno a Imola e nel 2013 e nel 2016 al Senio a Castel Bolognese. Le casse di espansione di quest’ultimo, poi, “sono una sorta di fabbrica del duomo: il progetto ha 30 anni e come sottolinea Valeria Castaldini (capogruppo di Forza Italia in Regione) non è mai stato portato a termine completamente, salvo una promessa dell’assessore all’Ambiente, Irene Priolo, che nel 2021 ha parlato di conclusione dei lavori in 15 mesi. Mai raggiunto. Ed è una delle zone più colpite'”. Non va meglio per il fiume Montone e il torrente Rabbi a Forlì: anche questi corsi d’acqua erano esondati con gravi effetti negli anni passati – nel 2005, 2010, 2013 e 2014. L’amministrazione aveva stanziato 1 milione di euro, ma “inutilmente”.
La rabbia del cittadino di Lugo contro Bonaccini: “Deve imparare come si lavora”
“I fiumi vanno puliti, vanno puliti d’estate, non quando piove. Questi sono i fiumi: il Lamone, il Montone, che vengono da Solarolo. Lì hanno rotto i fiumi e l’acqua viene in pianura, per forza. L’acqua non va in montagna viene in pianura. Perciò le casse di espansione, che sono vent’anni che le devono fare ogni anno, andavano fatte là: a Solarolo, Castel Bolognese, Imola e a Faeza. Non hanno fatto nulla”, dice con l’acqua che gli arriva alle cosce il signor Massimo Donati, in un video girato da Local Team a Lugo di Romagna e diventato virale. “Abbiamo l’acqua che arriva a un metro in mezzo in casa. Me la sono pagata io con il mio lavoro. Adesso chi me la ripaga? Il signor Bonaccini deve andare a imparare come si lavora”.