Follia gender: donna diventa uomo, si pente e torna donna. “Colpa dei video di propaganda sui trans”
La drammatica storia arriva dalla Svezia, dove una ragazzina, in crisi adolescenziale, legge sui social che è possibile cambiare sesso e decide di fare la “transizione”, salvo poi rendersi conto che i suoi problemi non erano di natura sessuale. Ed ecco che da “uomo”, decide di tornare donna, con conseguenze facilmente immaginabili. Come racconta oggi Libero, l’altra sera il canale televisivo francese M6, nel programma Zone Interdite, ha documentato cosa avviene in Svezia, dove la transizione di genere è una pratica abituale, se non perfino consigliata spesso, come in Finlandia.
Il caso di Johanna, la svedese che incontrò un trans
“Johanna, una ragazza svedese che si è resa conto di essere stata influenzata dai social nella decisione di avviare un percorso di transizione di genere, oggi paga le conseguenze di questa influenza. Era una bambina raggiante. Ma a quindici anni si è ammalata e ha sofferto di anoressia”, recita la voce narrante dell’inchiesta televisiva. Johanna racconta: “Mi sono resa conto che non mi piacevo, che non mi piaceva il mio corpo. Il mio sogno più grande era quello di morire di anoressia. Poi ho incontrato una persona trans e alcuni video di promozione della transizione di genere mi hanno spinta a rivolgersi a una delle cliniche più note di Stoccolma. Ma a diciannove anni, dopo un anno e mezzo, ho iniziato a sentirmi a disagio con il mio nuovo corpo. E mi sono detta: ‘Perché non mi sento meglio? Dovrei essere più felice“. Da lì la decisione di tornare donna.
La “frenata” dell’ospedale svedese specializzato in transizioni
Un anno fa l’ospedale universitario Karolinska, in Svezia, aveva decisodi interrompere bruscamente la somministrazione di bloccanti della pubertà e ormoni per la transizione di genere ai bambini e minori di 16 anni. Uno stop clamoroso in un paese tra il 2008 e il 2018 aveva registrato un aumento del 1.500 per cento delle diagnosi di disforia di genere nella fascia di età fra i 13 e i 17 anni, soprattutto fra le ragazzine. Pubblicando le nuove linee guida, l’ospedale specificava che si trattava di terapie controverse, che mancavano di supporto scientifico e che esisteva il rischio di potenziali effetti collaterali.