Fornero ha il coraggio di pontificare: il governo non aiuta i giovani. Li aiutò lei dicendo che erano troppo “choosy”
Non è un paese per giovani. Stiamo parlando dell’Italia e ben si conoscono tutte le criticità che pesano sul mondo giovanile. Dal governo Meloni, con il decreto del 1 maggio, è arrivata una prima misura importante per favorire l’occupazione giovanile e in particolare per contrastare il fenomeno dei “neet” (coloro che non studiano né lavorano). Il decreto introduce incentivi pari al 60% della retribuzione per 12 mesi (cumulabili con gli altri incentivi già esistenti) a favore di chi assume under 30 non inseriti in programmi formativi e registrati nel programma “Iniziativa Occupazione Giovani”.
Le critiche al decreto Lavoro di Elsa Fornero
Misura sulla quale si appuntano oggi le critiche dell’ex ministra del governo Monti Elsa Fornero che, in un’analisi sulla Stampa, punta l’indice contro palazzo Chigi: l’impoverimento del paese – ci dice – sta colpendo soprattutto i giovani e secondo lei sarebbe “miope e poco saggio” combattere il fenomeno a suon di decreti.
“Va poi considerato – scrive Fornero – il maggior peso sindacale, politico e anche sociale dei lavoratori meno giovani. Non solo il mondo politico, infatti, ma la società nel suo complesso è nettamente più propensa a dedicare risorse al salvataggio di un’impresa tradizionale in difficoltà che al finanziamento di un’impresa giovane che cerchi di crescere”. Naturalmente Fornero omette di dire che se uno deve lavorare fino alla soglia dei 70 anni è bene che sia tutelato anche se non più giovane. Tutele che ovviamente sarebbe bene estendere anche a chi si affaccia al mondo del lavoro.
Il problema della formazione dei giovani
Quanto alla formazione, nessuna critica al farraginoso sistema della laurea triennale più quella specialistica che parcheggia gli studenti per cinque anni negli atenei obbligandoli poi a seguire costosi master per poter presentare un curriculum decente.
Sorvolando su tutto ciò, Fornero indica la causa principale del disagio dei giovani che non trovano lavoro e che trovano lavori con salari troppo bassi nell’egoismo delle generazioni che “hanno favorito lo svilimento del sistema educativo e della formazione professionale; investito l’ancora abbondante risparmio privato soprattutto nel patrimonio abitativo; favorito il debito pubblico anziché la formazione di capitale sociale; beneficiato di pensioni anticipate elargite da politici ansiosi di attrarne i voti; ottenuto, anche con l’aiuto del sindacato, salari crescenti sulla base della sola anzianità, anziché del merito e della produttività”.
Più tasse e in pensione a 70 anni: questa era la via scelta dalla Fornero
All’inverso dunque le politiche da lei sostenute, e cioè innalzamento dell’età pensionabile e l’incremento delle tasse sui beni immobili (tradizionale comparto nel quale si investono i risparmi privati) sarebbero la via giusta? E non sono proprio quelle politiche che hanno favorito l’impoverimento del ceto medio che era quello che più investiva sullo studio qualificati dei figli? E non sono, ancora, proprio quelle politiche che hanno reso ancora più difficile la scelta di fare figli, contribuendo ad un quadro di invecchiamento demografico che rappresenta una vera e reale emergenza? E non dimentichiamo che fu proprio Elsa Fornero a invitare i giovani a non essere troppo “choosy”, cioè schizzinosi, accettando offerte di lavoro anche poco congrue pur di diventare subito produttivi (“I giovani escono dalla scuola e devono trovare un’occupazione. Devono anche non essere troppo choosy, come dicono gli inglesi. Cioè, io dicevo sempre ai miei studenti: – Prenda la prima, poi da dentro lei si guarda intorno. – Però bisogna entrare nel mercato del lavoro, subito!”). Il pulpito da cui viene la predica è davvero, questa volta, inaccettabile.