Guerri: non me l’hanno chiesto ma in Rai ci andrei. Sono uno storico e racconterei gli “irregolari”
Giordano Bruno Guerri non si fa problemi a dire liberamente come la pensa sulla Rai. Un programma? Non glielo hanno chiesto ma lui lo vorrebbe. Lo “confessa” al Foglio e chiarisce, anche, che non si tratta di fare programmi revisionisti. “Revisionismo” è una brutta parola, che serve per condannare la continua ricerca e la curiosità che sono connaturate a ogni disciplina.
E che farebbe in Rai Guerri? Racconterebbe episodi e personaggi con altri occhi. Racconterebbe gli italiani “irregolari” come Bottai e Malaparte, “uomini dai destini incrociati con i destini di altri intellettuali”.
Dopo TeleKabul ci sarà Tele Fiume? Chiede maliziosamente Carmelo Caruso a Guerri. Risposta: “Ci sarà solo uno spoils system necessario. Farà bene alla sinistra, perché la rivitalizzerà, ma nello stesso tempo ci mostrerà davvero di cosa sia capace la destra. Un competente di sinistra si sostituisce, non con un amico, ma solo con uno più competente del competente di sinistra”.
Poco prima del voto politico che ha incoronato FdI primo partito, Guerri in una intervista suggeriva a Giorgia Meloni di essere un’innovatrice, sulle orme di D’Annunzio. Sostenendo che c’era poco da conservare e molto da sprovincializzare in un’Italia che rischia di perdere la sfida con la tecnologia e la modernità. E poi indicava nella scuola il terreno insidioso sul quale lavorare. “Lì va fatto ogni sforzo: di soldi, d’intelletto e di energie”. Ma se dalla scuola passa l’indottrinamento, dalla tv passa la costruzione dell’immaginario. “La Rai è un mezzo straordinario – dice oggi Guerri – è un arcimezzo. Vorrei un programma non perché sono uno storico di destra, ma perché mi sento solo uno storico”.