“Ho fatto una cosa che non andava fatta”: la confessione di Alessia Pifferi sulla figlia morta di stenti
La trasmissione Quarto Grado ieri ha mandato in onda alcuni momento del primo interrogatorio di Alessia Pifferi, la sua prima confessione ai carabinieri a ridosso del ritrovamento di sua figlia Diana, la piccola di 18 mesi morta in sua assenza di stenti, dopo essere stata lasciata sola in casa a Milano per sei giorni. Un’agonia straziante di cui la donna sembra prendere consapevolezza a seguito delle domande dei militari. «Ho fatto una cosa che non andava fatta». «Ha corso il rischio», spiega la Pifferi che, per sua stessa ammissione, non era la prima volta che lasciava la bimba sola. E infatti, poco dopo aggiunge: «Non pensavo potesse morire, pensavo più a un malore dovuto ad altro. Ero preoccupata e agitata, ma sono rimasta fuori».
Diana, la bimba morta di stenti: la prima confessione di Alessia Pifferi
C’è tutto in quel primo, agghiacciante interrogatorio. Tutto l’orrore dell’agonia patita dalla piccola Diana. Lo sgomento dei militari che interrogano sua madre. La fotografia in bianco e nero di una vita sospesa, quella di Alessia Pifferi. E la terribile istantanea del ritrovamento del corpicino della piccola ormai senza vita. In quelle risposte alle domande dei militari, la donna ripercorre tutto come in un flashback: dal rapporto burrascoso con l’ex ai weekend fuori casa, fino ad arrivare al tentativo inutile di rianimare la figlia dopo l’ultima assenza duranta ben più di un fine settimana. «Il lunedì mattina sono tornata a casa – ricostruisce la donna –. Diana era nel suo lettino, senza pannolino. Quando l’ho vista mi sono spaventata: aveva mani e piedi viola, sono andata nel panico».
«Ho fatto una cosa che non andava fatta», «ho corso il rischio»
«L’ho presa e le ho fatto un massaggio cardiaco, ma non succedeva niente», rivela la Pifferi ripercorrendo quei terribili istanti. Poi, una resipiscenza: «Ho pensato che era successa una cosa troppo grave», ammette. Ma ugualmente, prosegue: «Allora ho preso la bambina, le ho dato delle pacchette sulla schiena, le ho massaggiato le mani e le ho messo dell’acqua in bocca… Ma vedevo che non si muoveva». Ed è a quel punto che l’inquirente, interrompendola, chiede alla donna: «Signora lei conosce le conseguenze del digiuno prolungato?». «A parte la disidratazione no», si limita a rispondere la donna. «Signora, il fatto che è successo è molto grave, quindi lei stasera non può tornare a casa, penso che ne sia consapevole. Purtroppo lei deve andare in carcere», le preannuncia il carabiniere. E così sarà.