Lagioia, che tristezza. Comizietto politico per l’addio al Salone: “Destra senza libertà”
Comizietto politico finale, da consigliere comunale di un paesino di montagna che se ve accusando di aver moltiplicato le vacche, quello che questa mattina Nicola Lagioia fa sulle pagine di Repubblica, dove dà l’addio al Salone del Libro di Torino che mai come quest’anno, con la sua gestione, si è trasformato in una succursale di una sezione di partito. L’aggressione delle femministe a reggiseno spianato è stata archiviata come una “normale dialettica democratica” da Lagioia, anzi, stigmatizzando la reazione della parlamentare Montaruli in difesa del ministro Roccella, come se il problema fosse chi si è indignato e non chi ha provato a censurare opinioni non gradite. Lagioia, oggi, nella sua intervista, riesce nell’impresa di non parlare di questo episodio, grazie anche all’assenza di domande dell’intervistatrice. L’articolo è apologetico: da quando è arrivato lui, ora che se ne va, la destra ignorante e cattiva e intellettuali ostaggio dei partiti. Quelli di destra. ovviamente. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.
Lagioia e la destra cattiva e ignorante del Salone del Lib
“Voglio essere ricordato per quello che abbiamo fatto in questi sette anni”, parla, mischiando l’Io egoriferito al plurale maiestatis, il che la dice lunga. “Quando sono arrivato, nel 2016, il Salone quasi non esisteva più. Trovai un nucleo storico con cui lavorare e il primo anno andò benissimo. Poi la vecchia Fondazione ebbe i problemi che sappiamo, e ci ritrovammo senza contratto e senza stipendio. Quando ci riprendemmo, arrivò il Covid. Dovevamo fare una scommessa: la campagna vaccinale avrebbe funzionato sì o no? Dissi alla proprietà del Salone: io scommetto sul sì, se perdo lavoro gratis per sette mesi…”. Poi arriva la domanda sulla politica. “Salone di sinistra?L’egemonia culturale della sinistra è un’ossessione della politica, non di chi si occupa di cultura. Curzio Malaparte era di destra o di sinistra? Io dico: un grande scrittore. Houellebecq, per un certo periodo, è stato considerato di destra: noi l’abbiamo invitato. A Torino vengono quasi mille editori: sono tutti di sinistra? È insultante ragionare così. Zerocalcare o Melania Mazzucco riempiono le sale, è perché piacciono ai lettori, non perché l’ha ordinato la politica”.
La classe politica ignorante…
Nicola Lagioia accusa la classe politica “che legge meno in Europa”. Si riferisce alla destra, ovviamente. “Bisogna andarle in aiuto. Non sanno niente. Una volta uno della Regione, e sinceramente non mi ricordo neppure chi fosse, mi ha accusato di fare un Salone di sinistra. Gli ho risposto: ma lei le conosce le classifiche degli autori più letti? Ecco, io devo invitare quelli”. Di Sangiuliano parla di rapporti cordiali, “forse mi guarda un po’ con sospetto” ,ma ammette. “Non mi ha mai fatto pressioni”. Nega di essere di sinistra, apprezza a destra Giordano Bruno Guerri, Alessandro Giuli e Pietrangelo Buttafuoco. “Ma Sangiuliano sbaglia a insistere nel dire che meriterebbe più spazio. Gli fa un torto, perché sembra che Buttafuoco abbia bisogno di un ministro. Guardi, io penso che, in questo momento, con il governo che c’è, gli scrittori e gli intellettuali di destra abbiano un’enorme occasione, possono smarcarsi dalla politica. Perché, vede: è vero che la maggior parte degli scrittori e degli intellettuali in questi decenni è stata di sinistra. Ma sono stati scrittori e intellettuali che hanno avuto spesso un rapporto molto duro con i partiti di riferimento: anche quando erano al governo. Dare addosso al Pd è stata una costante. Invece, l’intellettuale di destra è più organico”.
E’ la barzelletta finale di Lagioia: “Gli scrittori di destra di oggi sono come i comunisti anni Cinquanta. Ecco, io mi aspetto di vedere un intellettuale di destra che si mette ad attaccare il governo o un ministro. Sarebbe una svolta importante. Gli scrittori di destra dimostrino che la cultura vale più della politica. Azzardo: una vera pacificazione, nel mondo della cultura, non può che passare da qui”.