Le falsità di Report finiscono davanti all’Agcom. Arrivano querele ed esposti all’Ordine dei giornalisti
Finisce davanti all’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, la condotta dei responsabili della trasmissione Report che, dopo aver mandato in onda una trasmissione a tesi precostituite demonizzando, gratuitamente, le cooperative sociali impegnate nel recupero dei detenuti, prendendo di mira, fra l’altro, con insinuazioni e falsità, l’Associazione di Promozione Sociale Gruppo Idee presieduta da Germana De Angelis, moglie dell’ex-Nar Luigi Ciavardini, e, successivamente, perfino l’Associazione radicale “Nessuno Tocchi Caino”, ha completamente ignorato la diffida inviata il 2 maggio scorso alla redazione del programma Rai dall’avvocato romano Lorenzo Borrè. Che chiedeva di rettificare tutta una serie di enormità propalate nel corso del programma condotto dal giornalista Sigfrido Ranucci durante la puntata televisiva del 3 aprile.
Borrè aveva chiesto a Ranucci e alla Rai di rettificare nel corso della successiva puntata dell’8 maggio, dando pari dignità e spazio alla smentita, ma, appunto né la Rai né Report avevano risposto né, tantomeno, rettificato.
Così, il giorno successivo, il 9 maggio, l’avvocato Borrè aveva inviato alla Rai e allo stesso Ranucci, “quale persona delegata al controllo della trasmissione Report“, un’ulteriore diffida con la quale ricordava che la rettifica deve essere effettuata, per legge, entro le quarantotto ore, in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione sottolineando anche che, qualora, così come aveva fatto la trasmissione della Rai, la richiesta di rettifica fosse stata ignorata, la questione sarebbe dovuta essere trasmessa all’Agcom dalla Rai in quanto concessionaria del servizio pubblico.
Di qui la nuova richiesta del legale romano alla Rai di esibire “copia della comunicazione con cui avete sottoposto la questione all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni” nonché “copia del provvedimento emesso dall’Agcom che giustifica l’inadempimento”.
La Rai aveva 48 ore di tempo per adempiere alla richiesta di Borrè. E non lo ha fatto, continuando, incredibilmente, a ignorare le diffide e a non dare ingresso alle rettifiche richieste, che smontavano l’impianto scandalistico della trasmissione del 3 aprile.
Da qui il terzo round che prevede, ora, il ricorso all’Autorità Garante delle Comunicazioni. E anche alla magistratura ordinaria. Oltreché, per ciò che concerne i giornalisti, anche al Consiglio di disciplina dell’Ordine di categoria.
L’Agcom ha cinque giorni di tempo per rispondere. E per obbligare Report e la Rai a leggere in trasmissione la diffida e le smentite. Ciò non esclude, tuttavia, né le sanzioni disciplinari ai giornalisti di Report, primo fra tutti Sigfrido Ranucci, qualora il Consiglio di disciplina ritenesse fondati eventuali esposti relativi alla vicenda, né, tantomeno, il ricorso ai giudici ordinari, sia penali sia civili con le relative richieste di risarcimento danni. Che dovrebbe, a quel punto, pagare la Rai, cioè i contribuenti italiani.