Pozzetto rimbrotta gli studenti in tenda: io non avevo neanche i soldi per il tram. Bisogna sapersi adattare
Renato Pozzetto rimbrotta bonariamente gli universitari di presidio in tenda, asserragliati da Piazza della Scala all’università, ovunque un po’. Caro affitti? Avete ragione, ma nella mia Milano non avevo neppure i soldi per il tram… Un discorso di buon senso, quello che l’attore affida alle colonne de Il Giornale.it in cui, pur dichiarandosi «dalla parte degli studenti» sulla questione del caro affitti, l’attore esorta a non pretendere «la Rolls Royce se papà fa l’operaio» e alla necessità di «sapersi adattare». E da chi, se non da lui, che con Il ragazzo di campagna ha raccontato aspettative, disagi e controindicazioni di chi da giovane si trasferisce nella metropoli, ci si potrebbe aspettare un ragionamento concreto che punta all’ottimizzazione di obiettivi e percorsi per arrivare a conseguirli?
Renato Pozzetto rimbrotta gli studenti universitari
D’altronde, non è solo attraverso il cinema, e un successo intramontabile come quello del film diventato un cult degli anni Ottanta, che Pozzetto è arrivato alle conclusioni e alla considerazioni “prudenti” sulle proteste degli studenti di oggi. La sua, come racconta nell’intervista, non è stata una vita semplice. E proprio per questo, sembra suggerire tra le righe, non può che dare una lezione a quei ragazzi che campeggiano contro il caro affitti. «Ho fatto le elementari appena finita la guerra, poi le medie e l’istituto per geometri. Il problema era avere i soldi del tram. Mio padre non mi comprava l’abbonamento perché aveva paura che me ne sarei andato per i fatti miei in giro per il centro. Così mi accompagnava a scuola».
L’esempio del “Ragazzo di campagna” nella Milano del giovane Pozzetto
E ancora. «Durante la guerra eravamo sfollati a Gemonio. Poi a Milano vivevamo nelle case minime degli sfollati. Non c’era da mangiare, la vita era dura. Ma io non ho mai avuto problemi, non desideravo cose che non potevo avere». D’altro canto, ricordando suo padre, racconta: «Mio papà era impiegato di banca e doveva mantenere anche gli studi di quattro figli. Mio fratello per andare all’Università, lavorava di giorno e studiava alla sera e di notte». Pensieri, suggestioni che solo qualche passaggio dopo lo portano a dire: «Sa qual è la differenza principale tra i ragazzi di allora e quelli di oggi? Noi eravamo allenati alla povertà, oggi non è più così per fortuna».
Il valore in disuso del sacrificio
Una realtà, quella odierna, che nell’analisi giornalistica di Renato Pozzetto lo porta a soffermarsi su un altro rischio: quello di invocare anche per le nuove generazioni il valore del sacrificio. Un concetto che mal si declina all’attualità e che porta l’attore a considerare che «non si può dire cose del tipo io non avevo una lira e quindi voi non potete avere il cellulare. O tutto ciò che oggi fa parte della vita quotidiana». Una divergenza epocale che il protagonista di innumerevoli successi della commedia all’italiana sottolinea anche con un ricordo personale della sua prima vacanza a casa di un amico a Bobbio, in provincia di Piacenza, a pochi chilometri da Milano.
Da Renato Pozzetto una considerazione di buon senso: «Bisogna anche sapersi adattare»
Una meta ambita, per Pozzetto allora giovanissimo e squattrinato. E raggiunta «in autostop con uno zainetto. Ho fatto i primi soldi in un cabaret da venti persone per sera. Non è stato facile e non era scontato che accadesse quello che poi per fortuna mi è accaduto. Certo, nella vita ci vuole fortuna. Ma bisogna anche sapersi adattare»…