Terzo polo, è scissione tra Azione e Iv. Renzi alla sinistra: «Meloni dura l’intera legislatura»
Non siamo ancora alla «guerra dei Roses», ma la strada è quella. I bene informati dicono infatti che tra Carlo Calenda e Matteo Renzi non si scambiano più neppure un “ciao“. In compenso, non si contano i reciproci dispetti. Una singolare gara che al momento vede in vantaggio il leader di Italia Viva che all’ex-alleato ha strappato in pochi giorni una deputata (Naike Gruppioni), una consigliere regionale (Giulia Pigoni) e un segretario regionale (il piemontese Giancarlo Susta). Come se bastasse, a Modena, feudo di Matteo Richetti, Azione registra una vera emorragia di dirigenti provinciali.
Calenda senza gruppo al Senato
Ma i danni prodotti dall’attivismo renziano Calenda li vedrà in tutta la loro evidenza solo sabato prossimo, giorno in cui i senatori (ai deputati toccherà il martedì successivo) dell’ormai defunto Terzo polo s’incontreranno per discutere la «futura organizzazione dei gruppi parlamentari». Un odg apparentemente neutro, dietro cui si cela, però, una rilevante novità politica: la scissione tra Azione e Iv e il conseguente confinamento nel Misto dei quattro calendiani (insufficienti a costituire il gruppo a Palazzo Madama). Non così il partito di Renzi, che dopo l’arrivo dal Pd di Enrico Borghi, di laticlavi ne conta sei, soglia minima per mettersi in proprio. Che questo sarà l’esito lo confermano i nomi dei probabili capigruppo già in circolazione sui giornali: lo stesso Borghi e, alla Camera, quello di Maria Elena Boschi o, in alternativa, quello di Mauro Del Barba.
Così Renzi a Sky Tg24
Tutto parrebbe compiuto, insomma. Tanto più che lo smarcamento di Renzi dall’ex-alleato è percepibile anche sotto il profilo politico. L’ex-premier, infatti, non ha esitato a cogliere il tema delle riforme per lanciare una nuova sfida a Elly Schlein. Lo ha fatto dai microfoni di Sky Tg24: «C’è il tema dell’elezione diretta su cui io sarei favorevole. Dico al Pd: mettiamoci d’accordo su una cosa semplice, elezione del sindaco d’Italia, ci state?». Difficile che i dem accettino l’invito. In fondo sono convinti che il tema delle riforme sia solo un diversivo utile a coprire le difficoltà dell’esecutivo. Ma sul punto Renzi li gela: «La Meloni – conclude – è solida e va al 2027, leviamoci dalla testa che ci sia un cambio di premier».