Berlusconi, l’odio vile della sinistra che ne ha fatto un nemico invece che un avversario

12 Giu 2023 21:40 - di Roberto Frulli

Un nemico, un grande nemico, più che un avversario, l’uomo intorno al quale la sinistra, dapprima incredula e spiazzata, poi inferocita per la sua discesa in campo che rimetteva tutto in gioco, ha costruito campagne d’odio incredibili con i suoi leader: ha rappresentato questo, Silvio Berlusconi, per la sinistra (e per i suoi giornali come L’Espresso, Repubblica, Il Fatto Quotidiano) fin dal 1994 quando decise che era arrivato il momento di impegnarsi in prima persona in politica.

Tra Berlusconi e la sinistra sono state spesso scintille, con lui che li prendeva di petto senza troppi complimenti.

Ma certo quello che fece nel ’94, quando il Cavaliere pensò bene di sbaragliare la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto e dei Ds, a sinistra non gli è mai stato perdonato.

Da lì in poi, Berlusconi è diventato il ‘target’ numero uno della sinistra, il “Grande nemico”. Fino a diventare il collante per tutto il fronte progressista pur di combatterlo.

Un sentimento molto spesso miserabile, andato oltre i partiti.

Berlusconi per Nanni Moretti diventa il Caimano E non fu tenero con lui Michele Santoro che ingaggia un memorabile duello in Tv concluso dal Cavaliere in maniera teatrale, spolverando, prima di sedersi, la sedia su cui, fino a poco prima, era seduto un altro dei suoi più feroci avversari, Marco Travaglio.

Molto diverso il rapporto che Berlusconi ebbe con Massimo D’Alema. C’era, senz’altro, rispetto. E probabilmente anche una certa simpatia reciproca. Fatto sta che si arrivò al ‘patto della crostata’ del ’97, sulle Riforme.

Indimenticabili i duelli con Rosy Bindi sul ruolo delle donne (celebre la battuta di Berlusconi “lei è sempre più bella che intelligente”)?

Negli anni la ‘tensione’ tra sinistra e Berlusconi non si è allentata, se nella campagna elettorale (persa) della nascita del Pd, Walter Veltroni si rifiuta di pronunciare il nome di Berlusconi chiamandolo “il principale esponente dello schieramento avversario”.

Un tentativo, sempre basso e meschino di disprezzare l’avversario politico ritenendolo un nemico da combattere. In tutti i modi. Magari facendo affidamento sulla contiguità ideologica con una certa magistratura.

E anche Beppe Grillo non fu da meno: coniò per Berlusconi il termine “psiconano”.

Forse il primo a tendere la mano (non metaforicamente) a Berlusconi è stato Pier Luigi Bersani (che pure lo appellava come ‘il Giaguaro’): quando il leader di Forza Italia viene ferito e finisce in ospedale, l’allora leader del Pd va a trovarlo. Un gesto di grande sensibilità, sempre riconosciuto da Berlusconi. Un gesto che ricorda molto quello che fu il rapporto di grande rispetto fra Almirante e Berlinguer. Ma erano altri tempi.

Solo Romano Prodi, probabilmente, è riuscito mantenere il rapporto con Berlusconi esclusivamente sul piano politico. Seppure non è stato tenero neanche il professore bolognese.

Matteo Renzi ha stretto con il Cav il Patto del Nazareno. E lo stesso Berlusconi, si è sempre detto, lo avrebbe voluto come suo erede politico. Ma sono, appunto, voci, supposizioni, speculazioni giornalistiche.

Oggi che Silvio Berlusconi non c’è più, resta, sullo sfondo, la guerra, spesso cattiva e vigliacca, che gli ha fatto la sinistra utilizzando l’avversione contro il Cavaliere come un collante, così come fa, ora, con l’antifascismo.

Forse chissà, un domani, anche la sinistra imparerà a trattare gli avversari con rispetto, non come nemici da odiare. E potrà dirsi, finalmente, democratica.

 

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