Dacia Maraini umilia Gualtieri: “Non riconosco più la mia Roma: un’odissea tra taxi, metrò e scale rotte”
L’odissea della famosa scrittrice Dacia Maraini si consuma nella Roma Caput Mundi, non in un lontano paesino di provincia o in uno stato sottosviluppato. Nel racconto che fa del suo tentativo di prendere un treno, la Maraini – sul Corriere della Sera – tratteggia uno scenario da incubo, sul fronte dei trasporti, soprattutto per una donna sola e di una certa età, ma normalmente abituata a muoversi in tutto il mondo.
Dacia Maraini accusa chi amministra Roma senza citare Gualtieri
Il racconto di Dacia Maraini è semiserio. “Quando devo andare presto alla stazione, prenoto il taxi la sera prima. Così anche questa volta ho telefonato a tre numeri diversi ma nessuno ha accettato la prenotazione. Scusi, ma perché? Non abbiamo abbastanza macchine, ci sono troppe richieste. Quindi niente prenotazioni. Chiami domattina, vedrà che trova. La mattina dopo chiamo un’ora prima per essere certa di trovare un taxi, a costo di passare tre quarti d’ora in stazione ad aspettare il treno. Ma al telefono mi tengono lunghi minuti in compagnia di una musichetta e quando alla fine rispondono mi dicono che non ci sono auto disponibili….”.
La corsa al treno, tra ressa e spintoni
La Maraini allora si lancia in strada, per non perdere il treno, ma la fila alla postazione taxi è infinita. “Mi trascino la valigia sotto il sole fino a raggiungere la stazione della metropolitana. La scala mobile è ferma. Prendo a scendere gradino per gradino rischiando di cadere. Per fortuna un africano nerissimo e gentilissimo mi aiuta a portare giù dalla rampa la valigia. Passa il primo treno per Termini, ma è talmente pieno che non posso entrare. Spintoni, ressa, proteste. Sono costretta ad aspettare il secondo treno. Ma quando arriva c’è l’arrembaggio e io con la valigia non riesco a farmi largo. Se non prendo il terzo, so che perderò sicuramente il treno. Mi preparo a salire, anche se dovrò farmi largo a spintoni avvicinandomi pericolosamente alle rotaie. Finalmente riesco a salire, ma siamo stretti come sardine in scatola. Qualcuno mi pesta un piede. Con i sandali, in questi giorni caldi, è un dolore acuto. Dico: stia attento!. Ma lui neanche mi risponde. Una donna che gli sta accanto dice a voce alta ‘ma questa che vuole? È un miracolo che siamo entrati…”.
Il racconto prosegue con la risalita sula scala mobile rotta, il treno che sta per partire, lei che corre, il capotreno indulgente, qualcuno che la aiuta, la sensazione di un caos assoluto. “Il treno parte e io mi accascio sulla sedia chiedendomi cosa diavolo stia succedendo a questa città che amo….”, è l’amara conclusione di Dacia Maraini, alla quale magari il sindaco Gualtieri dovrebbe provare a rispondere...