Feltri ricorda Oriana Fallaci: dai giorni in redazione al dramma della scoperta del cancro
Un lungo racconto , la testimonianza di un’amicizia durata 25 anni e di un sodalizio professionale fortunato. Vittorio Feltri, dalle pagine di Libero, dopo la prova di italiano della maturità dedicata alla grande giornalista fiorentina, ricorda la “sua” Oriana Fallaci. Una conoscenza casuale, a inizio anni Ottanta, nella redazione del Corriere della Sera a Via Solferino dove Feltri lavorava e la Fallaci consegnava abitualmente i suoi pezzi e le sue interviste.
Feltri e il ricordo di Oriana Fallaci
«A una dato momento», racconta Feltri, «si sentiva riecheggiare un grido che annunciava la presenza della Fallaci. Arrivava come una dea e una tiranna e metteva a soqquadro il quotidiano. Si scatenava una guerra».
«Ogni volta era uno spettacolo», aggiunge Feltri, «che si pensava potesse terminare alle 23. Macché. Era tutta una diabolica finta. Mentre si rileggevano in silenzio i bozzoni delle pagine umidi e odoranti di inchiostro , all’improvviso si udiva un improperio. Era Oriana che aveva trovato qualche imperfezione. Finalmente alle 2 si poteva chiudere e il giorno dopo compariva il pezzo in apertura, con un milione di copie vendute e le citazioni da parte di tutti i più importanti giornali del mondo».
Le sigarette di via Solferino
Feltri colloca la sua amicizia con la Fallaci in «una sera al giornale, quando si accorse disperata che era senza sigarette. Avvistò le mie Muratti sul tavolo». Di lì una conoscenza che sarebbe durata nel tempo. Il trasloco alla direzione de L’Europeo, dove la Fallaci collaborava , rafforzò il rapporto. «Quando diventai direttore del Giornale dopo Montanelli, con il quale lei non aveva un buon rapporto, mi chiamò entusiasta per congratularsi». L’affresco della grande giornalista toscana è il ricordo delle sue eterne sigarette e la scelta dell’esilio negli Stati Uniti. «Oriana era molto amata dai suoi lettori, molto meno dai suoi colleghi e per questo voleva vivere nel suo appartamento di New York. Era diventata americana anche nei gusti e mangiava come un uccellino».
Feltri e il cancro della Fallaci
Nel lungo ricordo dell’amica Feltri si concentra con il periodo drammatico della scoperta del cancro: «Ho tre o quattro cancri Vittorio, non li conto nemmeno più». Si stancava presto e troncava la comunicazione. «Ora ciao che devo morire, mi diceva. Che idiota che ero, pensavo che scherzasse e non la prendevo sul serio».
Quella volta che squillò il telefono
«Il 2006 – continua l’articolo – a giugno squillò il telefono. “Vittorio”, mi disse, “voglio morire a Firenze. Prima, però, faccio un salto a Milano, ma non voglio farmi vedere in questo modo”. Le diedi la mia casa e accettò. Quando l’andavo a trovare vedevo mozziconi di sigarette dappertutto, perché continuava a fumare. Il giorno del suo compleanno, il 29 giugno, le portai il Don Perignon, il suo champagne preferito. Era felice come una bambina».
La cena con Trussardi
«Oriana», prosegue Feltri, «scoprii che nel mio palazzo abitava Luisa Trussardi. Mi chiese di conoscerla. Sai Vittorio , mi disse, quando ero nel Medio Oriente mettevo un goccio del suo profumo. Luisa organizzò una bellissima cena che la rese felice. Poi tornò a Firenze in macchina e mi chiamava in continuazione dicendo che faceva troppo caldo e poi troppo freddo. Prima di morire cercò di incontrarmi ma non riuscimmo a vederci. Non so cosa volesse dirmi, ma ho la sensazione che mi voleva spronare a non desistere contro l’integralismo islamico».
Il sacchetto
«Tre o quattro mesi dopo la sua morte», conclude Feltri ricordando Oriana Fallaci, «la sognai più volte. Poi presenziai a un convegno su di lei. Monsignor Rino Fisichella, che le era stato vicino, mi consegnò un pacchetto. C’erano un cucchiaio e un bicchiere che aveva preso da casa mia per assumere un antidolorifico. Doveva restituirmeli. Nessuna cosa doveva rimanere in sospeso. Era questa la mia Oriana».