Il Conte smemorato: si rifiuta di onorare il Cav, ma è stato suo alleato per oltre un anno

21 Giu 2023 13:04 - di Valerio Falerni
Conte

Nessun applauso al Senato, uscita dall’aula del Pirellone, filetti di baccalà al ristorante al posto dei funerali di Stato. Non ci fosse stato quel tweet di Giuseppe ConteSilvio Berlusconi è stato un imprenditore e un politico che in ogni campo in cui si è cimentato ha contribuito a scrivere pagine significative della nostra storia… anche chi lo ha affrontato da avversario deve riconoscere che non gli sono mai mancati il coraggio, la passione, la tenacia»), se ne dovrebbe dedurre che il M5S è stato super-coerente nel non unire la propria voce al coro di riconoscimenti che ha salutato l’uscita di scena del Cavaliere. Ma quel tweet c’è stato, e ci dice essenzialmente tre cose: che Conte non è un leader, ma un pupazzo, che il puparo dei 5Stelle è Marco Travaglio e che a dar loro voce, infine, sono i ventriloqui del Fatto Quotidiano.

Conte pupazzo di Travaglio

Scontata, a questo punto, la conclusione: i grillini o sono pagliacci o smemorati. Non c’è altra alternativa a per definire un movimento politico, i cui esponenti se le inventano tutte pur di non rendere l’estremo omaggio a un uomo col quale – udite udite! – hanno condiviso il governo della nazione. Nessuno – sia chiaro – pretendeva una celebrazione (e ci mancherebbe!), ma sottrarsi al rito della commemorazione è atto, nel contempo, codardo e infame. Eppure Conte e i suoi non hanno esitato a compierlo pur di scansare gli insidiosi tornanti della verità e della memoria. Una doppia curva pericolosa che li avrebbe inchiodati alle loro responsabilità, visto che con quel Berlusconi verso cui ora ostentano disprezzo hanno collaborato per oltre un anno nel governo Draghi.

«Oltre il rogo non c’è ira»

Perché – c’è da chiedersi – accettarono di farlo se adesso considerano quello stesso uomo indegno persino di essere ricordato post-mortem? La storia politica, si sa, è una miniera di rivalità, inimicizie, contrasti irriducibili. Ma è regola che «oltre il rogo non c’è ira». Parole che il comunista Giancarlo Pajetta pronunciò davanti alla salma di Giorgio Almirante dopo che questi, qualche anno prima, aveva reso omaggio a Enrico Berlinguer. Uomini messi l’un contro l’altro non dalle cazzate sparate da Travaglio sulle peripezie giudiziarie del Cav, bensì dal Novecento con il suo immane carico di lutti e di tragedie. La differenza si vede tutta: ieri uomini forgiati nel metallo dei veri combattenti, oggi i Conte ritagliati nel legno di malinconici burattini.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *