L’«elemosina» ai vigilanti smaschera l’ipocrisia della Cgil di Landini. Capezzone: «Pensa solo a fare politica»
Rivendicato con soddisfazione da Cgil, Cisl e Uil, l’avvio del rinnovo del contratto della vigilanza privata diventa l’emblema della loro debolezza nel ruolo che gli è proprio, rendendo di contro ancora più evidente come “il cuore dell’attività”, specie della Cgil di Maurizio Landini, sia “tutto politico”: una missione di opposizione al governo. A svolgere una riflessione di questo tipo è, in particolare, Daniele Capezzone, che parte proprio dalla “elemosina” ai vigilantes – come l’ha definita l’Usb – per evidenziare le invasioni di campo del principale sindacato italiano.
La soddisfazione del sindacato per “l’elemosina” alla vigilanza privata
In sintesi, per gli addetti della vigilanza privata si è addivenuti, dopo sette anni di attesa di rinnovo contrattuale, all’ipotesi di un aumento di 140 euro in tre anni. Capezzone, che su La Verità firma un articolo dal titolo “Aumento di 50 centesimi con l’ok sindacale. La Cgil esulta, lavoratori avvelenati”, stima l’aumento in 50-60 centesimi l’ora; l’Usb parla, invece, di 28 centesimi l’ora. In ogni caso, appare evidente che si tratta di una cifra per la quale c’è poco da esultare, tanto più considerando che la paga base di questa categoria si aggira intorno ai 5 euro l’ora.
Invece, i sindacati Filcams (Cgil), Fisascat (Cisl) e Uiltucs (Uil) hanno rilasciato un comunicato parlando di ” soddisfazione per un rinnovo contrattuale che, dopo 7 anni, chiude la lunga fase vertenziale, assicura incrementi salariali significativi e miglioramenti normativi per le lavoratrici e i lavoratori del settore”. Un comunicato che Filcams, quindi la Cgil, ha postato chiudendo i commenti, così come avvenuto anche per quello successivo sull’incontro di carattere generale col governo, che – si legge – “lascia insoddisfatto Landini”.
Ma contro il governo Landini sale sulle barricate pure per il taglio del cuneo
Per Capezzone la vicenda del contratto della vigilanza privata “dovrebbe indurre tutti a una riflessione di fondo sulla partita che sta giocando il sindacato tradizionale e, in particolare, la Cgil di Maurizio Landini”. “Dopo anni di inerzia rispetto ai governi che hanno preceduto l’attuale, ora il capo della Cgil è ogni giorno sulle barricate contro l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni: sbraita, urla, annuncia manifestazioni e minaccia scioperi. Non passa giorno senza comparsate tv o senza fiammeggianti interviste antigovernative di Landini”, prosegue il giornalista, ricordando che “non gli è andato bene nemmeno il fatto che il governo si sia riunito il Primo Maggio scorso per un maxi taglio del cuneo fiscale. Urla e proteste anche in quel caso”.
Capezzone: “Ormai il cuore dell’attività della Cgil è tutto politico”
“Ora, ciascuno può giudicare quale sia la coerenza di chi fa nei giorni pari quelle chiassate politiche e nei giorni dispari esulta per risultati contrattuali così modesti. La verità è fin troppo semplice”, sottolinea Capezzone, per il quale, a fronte della crisi di rappresentanza dei sindacati, si nota che “ormai il cuore dell’attività della Cgil è tutto politico”. Due, in particolare, le circostanze citate a testimonianza di questa missione: il congresso, durante il quale tutti leader dell’opposizione, a partire da Elly Schlein, hanno fatto “largamente propria” l’agenda della Cgil; le manifestazioni del mese scorso, “dove la stessa Schlein – momentaneamente sfuggita all’armocromista e alla personal shopper – è corsa a infilarsi la maglietta della Fiom“.
Il sindacato di Landini fa da traino a “un’opposizione smarrita”
“Anche mediaticamente – scrive ancora Capezzone – sta lì il “core business” politico dell’attuale strategia sindacale: innalzarsi a controparte politica del governo, offrirsi a un’opposizione smarrita come capofila di una protesta generalizzata (ma drammaticamente generica e non a fuoco), tentare, agitandosi e strillando, di far dimenticare ai ceti più deboli (e in particolare a quelli dotati di minori garanzie, per non parlare di disoccupati e sottoccupati) quanto la Cgil e gli altri siano lontani da loro”. Dunque, è la conclusione, “questo sindacato è complessivamente sempre meno difendibile: e i primi a saperlo sono proprio i lavoratori. Indipendentemente dal fatto che se ne blocchino i commenti su Facebook”.