Più di 40 anni fa la destra rilanciava il manifesto ecologico di Konrad Lorenz. E i Verdi ancora non c’erano…

8 Giu 2023 9:08 - di Nicola Cospito

Erano le 9.40 del 17 marzo 1979 quando mi raggiunse a Milano, dove ero ospite di un’amica, la telefonata di Sandro Di Pietro dall’ufficio romano di Pino Rauti in via degli Scipioni . “Nicola quando torni a Roma ?” Mi chiese Sandro, sapendo che la mia permanenza nel capoluogo lombardo stava ormai per concludersi. Gli risposi “Domani, perché?”. Sandro mi disse che era urgente che io facessi ritorno a Roma il prima possibile perché per il 19 era in programma un viaggio importante in Austria per andare a trovare Konrad Lorenz, il famoso etologo, Premio Nobel.

L’intervista concessa a Rauti per “Linea”

Lorenz aveva accettato di concedere a Pino Rauti un’intervista per il settimanale Linea, e la mia presenza era indispensabile perché nel nostro gruppo ero l’unico che masticava un po’ di tedesco. Qualche tempo prima avevamo fondato i Gruppi di Ricerca Ecologica e i rautiani erano stati tra i primi ad affrontare in Italia il tema importantissimo dell’ecologia e della salvaguardia dell’ambiente. Sandro, ricercatore del CNR, oltre che segretario personale di Rauti, aveva appena dato alle stampe un libro scritto a quattro mani con Rutilio Sermonti, Il prezzo della salvezza, al quale poi, dopo qualche tempo, era seguita la creazione del mensile Dimensione Ambiente, una rivista dinamica e interessante alla quale anche io collaboravo attivamente. Ovviamente l’invito mi riempì di entusiasmo, non capitava tutti i giorni infatti di avere la possibilità di incontrare uno scienziato di fama mondiale come Konrad Lorenz e, accettando di partire, gli dissi che sarei rientrato a Roma in serata per predispormi al viaggio in Austria.

In viaggio con Rauti, Di Pietro e Rubei

Lo studio della lingua tedesca che avevo intrapreso qualche anno prima in maniera assidua, cominciava ad offrirmi delle occasioni interessanti e l’opportunità di conoscere di persona Lorenz, addirittura a casa sua, ripagava tutte le mie fatiche. Di certo allora, nel 1979, le mie conoscenze linguistiche erano ancora quelle di un principiante. Avevo cominciato a studiare il tedesco appena due anni prima da un’insegnante madrelingua che abitava a Monte Mario, una giovane signora originaria di Charlottenburg, il noto quartiere di Berlino, che aveva avuto cura di insegnarmi il primo anno un po’ di conversazione e il secondo i primi rudimenti di grammatica. Non che non mi fossi impegnato, anzi, ma ancora non mi sentivo preparato a tal punto da gestire un’intervista con uno scienziato così importante come Konrad Lorenz. Sapevo però in ogni caso che per le esigenze del viaggio e il soggiorno in Austria, di certo avrei saputo rendermi utile. Così la mattina del 19 marzo, alle 8.00, ci incontrammo a casa di Pino Rauti. Eravamo io, Sandro Di Pietro, Pino Rauti e Giampiero Rubei, che aveva messo a disposizione la sua auto, una VW golf nera, nuova fiammante. Bevuto un caffè, gentilmente offerto dalla moglie di Rauti, la signora Brunella, sistemate le valigie in auto, partimmo alla volta di Altenberg, un piccolo centro, non lontano da Vienna, dove Konrad Lorenz abitava in una sorta di fattoria con sua moglie e una grande varietà di animali di ogni genere. Dopo aver viaggiato tutto il giorno, passato il valico del Brennero, facemmo sosta nel paese di Steinach, una località tirolese, attraversata dalla Bundestrasse 182, una strada impervia che congiunge il confine italiano con Innsbruck, il capoluogo della regione. In verità la strada mi era da tempo familiare per i numerosi viaggi verso la Germania dove mi recavo spesso con il mio amico Maurizio a trovare alcune amiche.

L’arrivo ad Altenberg

Trascorsa la serata a cenare e bere birra in una Stube, la mattina dopo riprendemmo il viaggio verso la capitale austriaca. A dire il vero, potevamo prendercela con comodo. L’appuntamento con Lorenz era il pomeriggio del 20 marzo alle 17.00 e di tempo a diposizione ne avevamo parecchio. Durante il viaggio mi impegnai a formulare in tedesco le domande che avremmo rivolto a Lorenz, anche se poi le cose andarono in modo del tutto diverso da come ci eravamo immaginati.

Arrivati puntuali ad Altenberg, davanti alla residenza di Lorenz, mentre scendevamo dalla macchina, lo scienziato, accompagnato da uno stuolo di cani, ci venne incontro con grande cordialità, attraversando l’ampio cortile sterrato della sua villa. La prima impressione che ne ebbi fu quella di un uomo semplice e alla mano, ben lontano dallo stereotipo di un accademico, una persona di grande umanità e dai modi gentili, ben lontana da ogni formalismo, capace di affascinare i visitatori al primo contatto. Certo, la sua barba bianca incuteva rispetto e pensare di trovarsi di fronte a quell’uomo tante volte visto sulle copertine dei suoi volumi esposti nelle vetrine delle librerie, magari immerso fino al collo nell’acqua di un laghetto con la testa accarezzata dai beccucci delle anatre selvatiche a lui tanto care, faceva un certo effetto.

Gli otto peccati capitali della nostra civiltà

Di Lorenz avevo letto diversi scritti, ma quello che mi aveva colpito maggiormente era stato Gli otto peccati capitali della nostra civiltà, edito in Italia da Adelphi, un libro ricco di osservazioni critiche, capace di fare riflettere sui disagi della vita moderna e sulle manchevolezze della Zivilization di cui aveva parlato 60 anni prima Oswald Spengler.

Ovviamente eravamo al corrente delle sue teorie sull’imprinting (i primi studi sull’imprinting vennero fatti da Konrad Lorenz sulle oche: egli studiò come esse, subito dopo lo schiudersi dell’uovo, identificano la propria madre nel primo oggetto o persona in movimento che vedono). Ma quello che ci interessava di più della sua personalità era il suo coraggio di andare controcorrente e di prendere posizione in modo critico verso il mondo moderno. Del resto era questa la ragione per la quale era stato deciso di andarlo a trovare con lo scopo di realizzare l’intervista per Linea, il nostro settimanale. Fatte le debite presentazioni, durante le quali non mancò di esprimere il suo affetto per Roma e per l’Italia, dopo la prima conversazione Lorenz volle condurci a visitare il suo Acquario personale, situato in una dependance esterna alla villa.

L’acquario di Konrad Lorenz

Entrammo così in una costruzione di forma rettangolare, semplice ed essenziale. Con nostro stupore ci trovammo dinanzi ad un immenso specchio di acqua con una vetrina molto spessa che occupava un’intera parete. Ad occhio e croce le sue dimensioni dovevano essere di sei sette metri di larghezza e tre d’altezza. Approfondendo le idee di Konrad Lorenz sull’acquario in generale e le sue teorie sull’acquario casalingo, ho avuto modo di scoprire come lo scienziato austriaco concepisse la vasca come una porzione di un autentico mondo vivente, non una costruzione artificiale, bensì un piccolo ecosistema libero da ogni esigenza estetica e tale da costituire un ambiente reale e naturale sostanzialmente autonomo. La vasca di Lorenz si estendeva davanti ai nostri occhi in profondità ed era popolata da diverse specie di pesci tropicali variopinti.

Ciò che colpiva erano le sue dimensioni enormi. Davanti allo specchio, ad una debita distanza, erano montate cinque poltrone di pelle nera sulle quali ci potemmo accomodare per osservare i movimenti dei pesci, i dettagli della loro vita quotidiana. Lorenz ci spiegò che per costruire un simile acquario aveva speso tutto il denaro ricevuto con il premio Nobel e molto di più ancora. Le poltroncine servivano a lui e ai suoi collaboratori per osservare ed analizzare i comportamenti degli abitanti della vasca.

Un tè per gli ospiti italiani

Dopo questa prima sosta in sua compagnia, Lorenz ci pregò di seguirlo nella palazzina dove abitava e che si affacciava sul grande cortile, non lontano dal locale dell’acquario. Raggiungemmo così il salotto al primo piano a cui si accedeva da una larga scala, e dove ci accomodammo per dare inizio all’intervista. Per prima cosa però, lo scienziato volle presentarci la moglie, una donna sulla settantina, semplice e gentile che esprimeva nel viso e nei gesti la gioia e la serenità di una persona abituata a vivere secondo i ritmi della campagna.

Lorenz la pregò di preparare un tè per gli ospiti e subito dopo ci chiese di porgli le domande che desideravamo. La conversazione fu amabile e pacata e si svolse sia in tedesco che in italiano, Lorenz infatti conosceva la nostra lingua. Sollevato dalla preoccupazione di dovermi concentrare per effettuare la traduzione, potei gustare appieno l’eloquio sciolto ed erudito dello scienziato che spaziò su diverse tematiche di grande interesse, di natura sociale, morale e politica. Lorenz, era all’epoca un esponente di primo piano dei movimenti ambientalisti ed era fortemente impegnato nella lotta contro la diffusione delle centrali nucleari. Tuttavia non apparteneva alla sinistra politica. Anzi. Ne venne fuori un bellissimo scoop giornalistico pubblicato qualche settimana dopo sul periodico Linea che fu letto e apprezzato da migliaia di abbonati e che ebbe grande risonanza in tutta la nostra comunità umana e politica.

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