Retromarcia del Cai sulla rimozione delle croci in vetta: ci scusiamo, parole a titolo personale
Sommerso dalle critiche e dalle polemiche furiose, il Cai, il Club Alpino Italiano, fa una saggia retromarcia sull’improvvida proposta, vagheggiata durante un Convegno, organizzato giovedì all’università Cattolica di Milano per riflettere sui simboli religiosi in quota, di rimuovere le croci che spiccano sulle vette degli Appennini e delle Alpi, per “rispetto” verso le altre culture religiose, viene sostenuto, nel nome della solita, stupida, cancel culture di derivazione anglosassone.
“Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale – spiega Antonio Montani, presidente generale del Cai smentendo chi aveva parlato a nome del Club Alpino italiano. – Quanto pubblicato – spiega – è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale, Marco Albino Ferrari, durante la presentazione di un libro”.
“Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino – aggiunge Montani – non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce. Voglio scusarmi personalmente con il ministro per l’equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto“.
Il ministero è quello del Turismo. Che, come ha ricordato giustamente Fabio Rampelli, eroga al Cai, “11 milioni di euro l’anno”.
Ad accendere la miccia era stato non tanto il Convegno sui simboli religiosi, in quota quanto l’articolo che appare, poco dopo, su “Lo Scarpone”, il portale ufficiale del Club Alpino Italiano. Che parlava di una sostanziale convergenza dei tre relatori (monsignor Melchor José Sànchez de Toca y Almeda del dicastero delle Cause dei Santi, lo scrittore Marco Albino Ferrari in rappresentanza del Cai e il docente di diritto penale Marco Valentini sull’idea di accantonare le croci delle nostre vette.
Va detto, come ricorda il Club Alpino Svizzero, che le “croci di vetta sono documentate dal 327; quelle moderne dal 1799. Oggi ornano molte cime, soprattutto in aree cattoliche”.
Ad ogni modo la presa di posizione di Marco Albino Ferrari, e quella del portale ufficiale del Cai hanno provocato un putiferio. Sui Social è scoppiato il finimondo.
”Da ateo non ho mai provato alcun fastidio e da amante della natura non ho mai pensato che deturpassero l’ambiente – scrive Sergio Palmieri. Quando stavo per arrivare in vetta al Gran Paradiso, vedere quel bianco della Madonnina in contrasto con il cielo azzurro mi ha risollevato dalla fatica”.
”Attento Cai, questa posizione potrebbe costarti molto cara in termini di consensi e di associazionismo – aggiunge Luca Barban. – Sei il Club Alpino Italiano, non del Burundi o di Calcutta”.
”Non sono credente eppure le croci di vetta non mi danno alcun fastidio, anzi”, sottolinea Silvia Marchesi.
”Da domani restituirò la tessera”, protesta Paris Bego. E c’è chi, come Lorenzo Borré, è già pronto ad affilare le armi sullo Statuto: “nell’articolo si parla del Cai come fosse una persona vivente e non un’associazione – annota l’avvocato romano. – Una simile presa di posizione è frutto di un percorso assemblare o è solo l’opinione di chi l’ha esternata? – si chiede Borré. – Da iscritto al Cai non ricordo di essere stato chiamato a deliberare sul punto”.
“Al di là di quello che può pensare e votare o pregare il presidente del Club Alpino Italiano, che per noi può essere cattolico, protestante, ebreo, musulmano o buddhista, si fa presente che il Cai è un’articolazione dello Stato, che lo vigila, e non – ricorda il vicepresidente della Camera, Rampelli – un’associazione culturale dotata di totale autonomia statuale, economica e amministrativa. Fondato da Quintino Sella, alla cui memoria ogni uomo di cultura si ispira, quest’anno ha ricevuto 11 milioni di euro dal ministero del Turismo”.
“Quindi al netto di quello che reputano i suoi associati e il suo vertice, è il caso che rientrino nei propri ranghi amministrativi – conclude Rampelli. – Altrimenti se sono interessati a fare politica possono chiedere a uno dei tanti partiti italiani di essere candidati alle prossime elezioni, in modo da avere titolo, come legislatori, a modificare le norme e a trasformare finanche il glorioso Cai in un organo di discussione politica“.
C’è da dire che la polemica è di vecchia data. E ogni tanto viene rispolverata da qualche personaggio politically correct.
Qualcuno, negli anni passati, si è anche armato di sega abbattendo, nottetempo, quel simbolo religioso tanto odiato e che, in vetta, ha tantissime funzioni, non solo religiose, come ricorda, in un bellissimo, suggestivo, articolo, lo scalatore Daniel Anker. Che, parlando della croce in cima al Weisshorn, cita lo scrittore, cabarettista e musicista svizzero Franz Hohler: “Una grande croce è ancorata nella roccia, e da essa pende un vero Gesù in acciaio inossidabile. E mi fa male pensarlo qui, a gelare in lunghe notti, dimenticato da Dio e dagli uomini. Subito dopo il nostro arrivo, la mia guida ha fissato la fune a una traversa della croce con lo scopo di assicurarci: così, mentre siamo qui, saremo trattenuti da Gesù”.
Guai a togliere le croci, guai a loro, il vai sparire be o si ridimensionerebbe a circolo di sinistri
Un’altra puttanata dei radical chic ! Ma non vi vergognate di dire queste cose per noi montanari ! Magari metteteci un simbolo anticristiano ! Vergogna ! Rimuovete ol presidente del CAI subito comunista di m…a !
Che brutto sentire certe cose
Poveri i nostri nonni che ci hanno liberato.
E sentirlo dire da persone iscritte al CAI
è vergognoso un saluto
Sono basita. Talebani ignoranti. Da bellunese vedo e amo quelle croci sulle cime . Sono atea e provo solo rispetto per chi senza violenza professa una fede. Che fastidio vi danno quelle croci? In nome di quale possibilità di infastire volete toglierle? Tutti i miei familiari sono iscritti al CAI e ora pensano di non rinnovare l iscrizione.
Prima si vogliono rimuovere tutti i Crocifissi, poi si censurano la storia e la letteratura, infine c’è l’iniziativa ridicola di omettere pure le finali delle prole! Sento parlare di civiltà europea, ma mi sembra che, chi ne parli, in realtà voglia cancellarla!