Addio a Milan Kundera: gigante della letteratura, troppo anticomunista per vincere il Nobel

12 Lug 2023 12:51 - di Laura Ferrari
Milan Kundera

«La stupidità della gente deriva dall’avere una risposta per tutto. La saggezza del romanzo deriva dall’avere una domanda per tutto»: si può sintetizzare così il pensiero di Milan Kundera, morto oggi a Parigi.

Lo scrittore ceco naturalizzato francese la cui fama mondiale è legata al romanzo “L’insostenibile leggerezza dell’essere” (1984, pubblicato in italiano da Adelphi, come tutti i suoi libri), un titolo enigmatico che si è impresso nella memoria collettiva degli anni ’80, considerato un capolavoro della letteratura contemporanea, aveva 94 anni. Per anni era dato tra i candidati al Nobel, ma per alcuni era “troppo bravo” o troppo anticomunista per avere il prestigioso riconoscimento da una giuria portata fortemente ideologizzata.

L’annuncio della scomparsa è stato dato dalla televisione ceca questa mattina. Espulso dal regime comunista, Kundera emigrò in Francia nel 1975 con la moglie Vera Hrabanková, che è stata accanto a lui fino all’ultimo. Nel 1979, dopo la pubblicazione de “Il libro del riso e dell’oblio” gli fu tolta la cittadinanza cecoslovacca. Nel 1981, grazie all’interessamento del presidente François Mitterrand, ottenne la cittadinanza francese, cominciando a scrivere un decennio più tardi nella lingua della nazione adottiva. In occasione dei suoi 90 anni, il governo di Praga ha restituito la cittadinanza ceca al grande scrittore.

Nei suoi racconti e romanzi, che gli hanno procurato fama internazionale (tra cui “L’immortalità“, 1990), Kundera ha affrontato i temi dell’attualità politico-sociale del suo paese inserendoli nella più vasta problematica della condizione dell’uomo moderno. Importanti ed influenti anche le riflessioni sul romanzo europeo contenute in “L’arte del romanzo” (1986). Dalle sue opere sono stati tratti soggetti e sceneggiature, fra i quali “Lo scherzo” (1969) e soprattutto “L’insostenibile leggerezza dell’essere” (1988), fim diretto da Philip Kaufman con Daniel Day-Lewis (Tomáš) e Juliette Binoche (Tereza), dove si fondono storia, autobiografia e intrecci sentimentali: ambientata nel 1968 a Praga, la storia racconta la vita e le vicende di un “quartetto” di artisti e intellettuali cecoslovacchi durante la “Primavera di Praga” interrotta dall’invasione sovietica con il proposito di “correggere fraternamente il deviazionismo” dalla buona strada socialista che aveva contagiato l’intera nazione.

Milan Kundera ha esordito come poeta (“L’uomo è un grande giardino”, 1953), cui seguì “L’ultimo maggio” (1955). Nella raccolta di liriche “Monologhi” (1957, rielaborata nel 1964 e 1965) supera gli schemi dell’epoca con una visione dell’amore esplorato nella sua dimensione drammatica ed erotica. Ha debuttato come drammaturgo nel 1962 con “I proprietari delle chiavi”, ambientato

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FOTO ANSA