Aiutare i piccoli borghi a investire sulle tipicità produttive. Anche così si dà voce all’Italia profonda e più vera

10 Lug 2023 11:55 - di Mario Bozzi Sentieri

La sfida della postmodernità, sfida culturale e politica insieme, è – non da oggi –  determinata dalla ripresa di coscienza rispetto alle identità (locali, produttive, professionali) e dalla capacità/possibilità di integrarle nel contesto dei nuovi scenari della modernizzazione.

In questo ambito cresce e va rappresentata culturalmente e nelle scelte programmatiche  una forte domanda di tutela, di conservazione delle comunità locali, dei borghi, delle identità diffuse, di un’Italia profonda, ma spesso misconosciuta. Cresce con uno spirito ed una logica nuove, non più legate al vecchio localismo, al folklore e al provincialismo, ma impegnate a fare sistema, a promuoversi, attraverso forme di consorzio e di valorizzazione legate ai prodotti della terra, all’artigianato, al turismo.

Del resto il patrimonio di ogni aggregato urbano, piccolo o grande, ha una duplice valenza, insieme fisica e spirituale. Essa è fatta di pietre, di chiese, di monumenti e di memoria. Questa memoria si incarna nel vissuto quotidiano ma anche nelle produzioni materiali, in quella che è stata definita come “l’architettura del commercio”, nell’arte delle botteghe e nel lavoro degli artigiani, nell’eleganza degli arredi e nella tipicità delle produzioni.

In questo ambito uno dei metri di riferimento è la qualità, che – in linea con una visione postmoderna – non è, non è solamente un attributo o una proprietà morale.  Il “marchio Italia” riguarda, oggi, gli strumenti normativi necessari a difendere le produzioni nazionali, in un quadro di economia globalizzata, ed insieme sollecita una presa di coscienza culturale, essenziale al fine di dare nuovo senso e tutela ad una tradizione di buon gusto, di stile  e di qualità della vita che appartiene al nostro Paese e che ci viene universalmente riconosciuta.

Non si tratta però solo di conservare l’esistente e di valorizzarlo. Occorre dinamicizzare la realtà sociale,  favorire il ricambio generazionale, dare spazio alla creatività, sostenere le comunità locali ed estenderne il valore, trasformandole in realtà “attrattive” dal punto di vista produttivo.

Un utile esempio – in questa direzione –  viene da quelle che nelle aree montane degli Stati Uniti si chiamano Foreign Trade Zones, le quali offrono notevoli  vantaggi agli esportatori che decidano di utilizzarli. Tra i principali vantaggi: i prodotti possono essere introdotti ed immagazzinati senza dovere pagare dazi fino all’immissione in commercio; le lavorazioni effettuate sui prodotti all’interno dell’area extradoganale non sono soggette a tassazione; le merci che vengono riesportate non sono soggette a tassazione; non ci sono limiti di tempo per la permanenza delle merci immagazzinate all’interno delle Foreign Trade Zones.

Guardando anche a questo tipo di esperienza si sta muovendo la Regione Liguria, la cui giunta, dopo essersi riunita proprio in un comune dell’entroterra ligure, ha varato un pacchetto di interventi con cui i singoli assessori si impegnano a mettere a sistema una serie di misure finalizzate a promuovere il reinserimento abitativo nelle vallate, attraverso interventi di rigenerazione urbana, investimenti sull’edilizia scolastica, adeguamenti, in ambito sanitario, dei poliambulatori, riassetto e manutenzione delle aree interne dei parchi, valorizzazione dell’agricoltura e dei prodotti certificati, una strategia turistica differenziata finalizzata ad aumentare i flussi dalla costa all’interno, uno sviluppo delle aree dedicate allo sport.

Altra possibilità quella della cosiddetta “adozione a distanza dei borghi”, che si inserisce nel “Turismo delle radici”, identificabile con gli arrivi  turistici  generati dal ritorno degli emigrati dal luogo dove oggi risiedono, al borgo di origine.

La proposta è stata fatta  da Salvo Iavarone, vicepresidente della Confederazione degli Italiani nel Mondo (Cim),  nel corso della 32esima convention mondiale delle Camere di commercio italiane all’ estero, svoltasi  ad Ascoli Piceno nel giugno scorso.

Che molti borghi italiani risultino in via di spopolamento è un dato di fatto. Nel contempo però moltissimi emigrati, sparsi per il mondo, sono interessati a comprare un “pezzetto” d’Italia, segno di memoria e di affetto nei confronti del Paese d’origine. Da qui l’idea di Iavarone: mettiamoli in condizione di investire nel borgo, creando dei piccoli consorzi a distanza, che abbiano come scopo il recupero del borgo, a cui  l’emigrato può aderire.

Da queste idee emerge chiara la volontà/capacità di rappresentanza rispetto agli interessi reali dei cittadini, ma anche rispetto  alla storia, alle culture, alle identità che fanno una Nazione, che danno senso ed informano, cioè danno forma ad una comunità al fine di tradurre emozioni, tradizioni, identità in segni concreti, in proposte normative, in aspettative reali, in nuova coesione sociale. E viceversa trasformare le opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica della modernità in strumenti di valorizzazione delle identità, della qualità, dei meriti.

Concretezza e suggestioni, realismo ed aspettative: in questo mix l’affascinante impegno del ripensamento-cambiamento può diventare un obiettivo concreto e vincente  per tutta l’Italia. A partire dalle piccole realtà territoriali. Per farsi progetto identitario di portata nazionale. Esempi e volontà non mancano.

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