Così la ‘ndrangheta è riuscita a infiltrarsi nel palazzo di Giustizia di Torino attraverso l’appalto mensa

18 Lug 2023 16:13 - di Redazione

È riuscita a infiltrarsi perfino all’interno del Palazzo di Giustizia di Torino la ‘ndrangheta storicamente radicata in Piemonte che si era annidata nella cooperativa sociale ‘Liberamensa’, aggiudicataria, fra l’altro, dell’appalto comunale per il servizio di ristorazione negli uffici giudiziari del capoluogo.

La vicenda, che ieri ha portato la Dda di Torino ed il Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei carabinieri a notificare un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposta dal gip nei confronti di quattro persone, accusare, a vario titolo, di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione, usura, trasferimento fraudolento di beni e organizzazione del gioco d’azzardo, ruota attorno a due figure storiche.

C’è, intanto, Rocco Pronestì, 72 anni, storico appartenente alla criminalità organizzata del Piemonte e, da anni, legato ai maggiori esponenti della ‘ndrangheta locale, quali Mario Ursini, Placido Barresi e Domenico Belfiore.

Arrestato in passato per vari reati in materia di armi e traffico di stupefacenti, Pronestì era sfuggito, sinora, alla condanna per il reato di associazione mafiosa.

Assieme a Pronestì, c’è un’altra figura di spicco della ‘ndrangheta esportata in Piemonte: Rocco Cambrea, 62 anni, già condannato in passato e che oggi risponde unitamente a Pronestì, di usura ed estorsione con aggravante mafiosa e, anche, per aver organizzato una bisca clandestina in quello stesso bar di via Postumia nel quale si occupava di gioco d’azzardo a metà degli anni ’90, prima di essere condannato nel procedimento così detto “Cartagine”.

Secondo l’ipotesi d’accusa Pronesti’ e Cambrea avevano in corso da anni un’attività di usura ed estorsione ai danni di giocatori d’azzardo e piccoli imprenditori, spalleggiati da Saverio Giorgitto, 54 anni, e da Crescenzo D’Alterio, 48 anni.

Con quest’ultimo i due avevano organizzato un’articolata attività di infiltrazione in attività economiche lecite, specie nel settore del commercio di alimenti, utilizzando una serie di prestanome e le competenze di alcuni professionisti, oggi indagati.

L’attività d’indagine ha evidenziato, come detto, anche l’infiltrazione nella cooperativa sociale Liberamensa, aggiudicataria, fra l’altro, dell’appalto comunale per il servizio di ristorazione nel Palazzo di Giustizia di Torino.

Gli investigatori hanno scoperto che, nonostante i precedenti, Pronestì, Cambrea e D’Alterio, anche a seguito di contatti con appartenenti alla famiglia Belfiore, erano riusciti a controllare la cooperativa sociale al punto di arrivare a depauperarla fino all’interruzione del servizio di mensa, interruzione dovuta all’emergenza Covid.

I carabinieri hanno perquisito diversi complici dei quattro arrestati. Alcune delle vittime, sentite dagli investigatori, nel corso delle indagini, avevano negato di subire le minacce e le pretese che invece emergevano dalle intercettazioni condotte anche con i famosi trojan.

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