Emanuela Orlandi, possibile svolta: spunta la pista “familiare” su uno zio molestatore

10 Lug 2023 20:23 - di Lucio Meo

Uno zio, presunto molestatore della sorella di Emanuela Orlandi, potrebbe rappresentare la svolta nel caso della ragazza scomparsa quarant’anni fa da Roma dopo essersi allontanata dal Vaticano per seguire un corso di musica. La rivelazione è del Tg di Enrico Mentana, che stasera, su La 7, ha dato notizia di una pista seguita dal  promotore di giustizia Vaticana, Alessandro Diddi, da cui emerge il possibile coinvolgimento di un familiare di Emanuela, lo zio, Mario Meneguzzi, scomparso qualche anno fa. Si tratta del marito di Lucia Orlandi, sorella del padre di Emanuela. L’uomo avrebbe molestato sessualmente la sorella di Emanuela, Natalina e su di lui chiese informazioni, a un prete poi trasferito in Colombia, il cardinale Agostino Casaroli, sollecitato da ambienti investigativi romani: “E’ vero — fu la replica da Bogotà – Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima”.

Emanuela Orlandi e la pista dello “zio”

Secondo Mentana, il carteggio risale al settembre 1983, quando la 16enne era scomparsa da tre mesi. L’allora segretario di Stato Agostino Casaroli scrisse un messaggio per posta diplomatica a un sacerdote sudamericano inviato in Colombia da Giovanni Paolo II e interpellato su un episodio su cui era a conoscenza in quanto per lungo tempo consigliere spirituale e confessore della famiglia Orlandi.

Di “zio” Mario Meneguzzi — come ricostruisce il servizio de La7 —, oltre al lavoro alla Camera era nota la vicinanza con ambienti del Sisde e fu proprio lui a rispondere ad alcune delle telefonate anonime che davano informazioni più o meno credibili e verificabili su Emanuela. Altri elementi dell’inchiesta riguardarebbero anche identikit e testimonianze su un uomo visto a colloquio con la 16enne appena uscita dalla scuola di musica vicino al Senato, dove lei si esercitava col flauto. Anche questo elemento è rintracciabile nel fascicolo d’inchiesta originario che viene ora riesaminato passo passo.

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