“Europa, accelerazione, potenza”: negli atti del convegno le linee guida per il dibattito sul futuro
Dove va l’Europa? E dove dovrebbe andare? Dopo decenni di dibattiti, anche serrati, sul destino e gli assetti del “vecchio continente”, formalmente avviato sulla via dell’integrazione, il confronto europeista oggi sembra languire. Tutto appare scontato, sia che ci si muova nell’alveo delle norme finalizzate a definire/imbrigliare i destini europei, sia che le si contesti alla radice, evocando possibili fuoriuscite dall’Unione continentale. In realtà, in un campo come nell’altro, pare mancare una riflessione matura sui destini europei, in ragione dei recenti cambiamenti degli scenari economici e sociali e delle conseguenti risposte adeguate ad affrontarli.
Su questo piano, quello dell’analisi metapolitica rispetto al declino dell’Europa e ad una conseguente capacità “reattiva”, si muove il Centro Studi Kulturaeuropa, che ha tra i suoi scopi proprio la “rivitalizzazione e proiezione nel futuro della Civiltà Europea”. L’11 marzo di quest’anno il Centro ha organizzato, a Roma, il convegno “Europa, Accelerazione, Potenza”, che già dal titolo bene delinea la volontà programmatica di mettere a fuoco le ragioni dei declino europeo ed insieme la volontà di scongiurarne gli effetti e ribaltarne gli esiti. Impegno non facile, che la pubblicazione degli atti (Centro Studi Kulturaeuropa, Europa Accelerazione Potenza. Roma, 11 marzo 2023. Atti del Convegno, Passaggio al Bosco, pagg. 112, Euro 10,00) ci consegna nella volontà di approfondimento e nella lucida determinazione degli intervenuti, uniti – come scrive in prefazione Marco Scatarzi – da un comune “ardire”: quello del ritorno della politica; del richiamo a profonde radici spirituali; della condivisione di una visione sociale, antiglobalista e partecipativa; della consapevolezza che la partita si gioca declinando tecnica e futuro; della centralità della persona quale entità spirituale.
L’elenco dei partecipanti conferma l’ambizione e la trasversalità del progetto. Si passa infatti dalla presenza di esponenti dell’Ugl (capitanati dal Segretario Generale, Francesco Paolo Capone), ai contributi del mondo accademico, alle sollecitazioni dei rappresentanti del movimentismo culturale anticonformista. Ogni intervento è un tassello significativo del più ampio mosaico analitico e progettuale, finalizzato a fissare i tratti di una vera e propria rivoluzione culturale, premessa necessaria per qualsiasi trasformazione politica, economica e sociale.
Difficile sintetizzare le singole declinazioni. Più giusto tratteggiarne le “linee di vetta”, suggestioni ideali e programmatiche in grado di favorire ulteriori approfondimenti e dibattiti. Giuseppe Scalici (Il nodo gordiano della potenza europea), partendo dal “dialogo” fra Carl Schmitt ed Ernst Jünger e dalla storica distinzione tra i popoli europei legati alla Terra e le Nazioni proiettatesi lungo le rotte oceaniche, vede nell’Europa-Potenza un fattore di equilibrio, tutto da costruire, tra la Cina e gli Stati Uniti.
Francesco Ingravalle (Il Soggetto Politico Europeo e il problema del Welfare continentale) nell’evidenziare i limiti dell’Unione europea, non ancora arrivata a costruire una sua dimensione statuale e quindi priva di una sua politica estera, di difesa e di un originale modello di Welfare continentale, pone in risalto la mancanza di un Soggetto Politico complesso europeo, in grado di strutturarsi come partito dell’unificazione federale europea (originata da una Costituente eletta a suffragio universale).
Gian Piero Joime (Cogliere la sfida della “Grande Transizione”) pone l’accento sui limiti della transizione ecologica, invitando l’Europa a “prendere il controllo delle filiere produttive, trasformando il sistema europeo da ‘grande acquirente’ a ‘grande produttore’” e a contrastare i gravi danni della delocalizzazione globalista, specialmente nelle aree di maggiore interesse per la transizione digital-ecologica.
Marco Massarini (La sovranità economica ed energetica europea) nel rilevare l’estrema fragilità del settore bancario e la crisi dei debiti sovrani fa alcune proposte “operative”: la costituzione di un Fondo Sovrano Europeo (“che abbia come scopo l’investimento in settori strategici e redditizi per lo sviluppo dell’economia europea” a partire dall’ambito energetico), la programmazione e la conseguente esecuzione di una strategia industriale europea, una politica fiscale armonizzata, una risposta alla sfida monetaria (con particolare attenzione alle nuove formule di valuta digitale), la condivisione del debito (“la sostituzione dei titoli di debito dei singoli Stati con un unico grande titolo di debito relativo allo Stato europeo”).
Francesco Boco (Tecnologia, rappresentanze e unità tecnologica continentale) vede nella sfida tecnologica un retaggio europeo (la Tecnica “è stata inventata da noi europei”) lungo cui muoversi sia a livello tecnico che a livello politico, attraverso tre assi fondamentali: il livello della Competenza, la Rete e l’Innovazione (contro le logiche monopolistiche e l’attacco alla proprietà diffusa). Francesco Guarente (L’idea partecipativa in Europa e nel nuovo contesto tecnologico) analizza i processi di trasformazione nell’ambito del lavoro, individuando nella partecipazione aziendale un freno a politiche industriali fuori controllo e, a livello europeo, uno strumento utile a spronare nuove energie produttive da parte di imprese e lavoratori.
Ettore Rivabella (La crisi della “democrazia rappresentativa” e i mutamenti in atto) stigmatizza la crisi della “democrazia rappresentativa”, con le conseguenti ricadute economiche e sociali, individuando la soluzione all’attuale crisi in una democrazia organica e partecipativa fondata su forme di cogestione aziendale, ma diffusa a livello sociale e territoriale (ricreando “sistemi partecipativi che abbiano ove necessario anche una visione ‘corporativa’, magari in base alle competenze: dal cittadino, alla gestione dello Stato, dell’azienda, del territorio, del quartiere”) e nella prospettiva di una globalizzazione “governata”, attraverso l’individuazione di condizioni minime di sostenibilità del lavoro, “correlate magari alle peculiarità della Nazione considerata”.
Sergio Filacchioni (Per una scuola del Mito e della Partecipazione) guarda alla Scuola, come realtà che “smobilita” l’uomo, in favore di un sempre maggiore disimpegno e deresponsabilizzazione dei giovani ed evocando – per questo – un continente europeo “sonnolenta e quieta oasi di memoria, contemplazione e filosofia in mezzo alle intemperie della storia” (così come immaginato da Isaac Asimov), destinata ad inesorabile tramonto “se non riusciremo ad istruire generazioni in grado di concepire ed immaginare un divenire storico diverso” rispetto a quello attuale.
In chiusura Francesco Paolo Capone pone l’accento sui ritardi dell’Unione europea rispetto al tema della Partecipazione, grande patrimonio ideale e programmatico del Sindacalismo nazionale, oggi “riscoperto” dal Sindacalismo cattolico (con la Cisl di Luigi Sbarra), invitando ad una reale “accelerazione”, laddove l’Unione oggi “si limita a consigliare azioni di informazione e quindi a tutelare il semplice diritto di informazione che l’azienda deve dare ai propri dipendenti”, mentre si dovrebbe guardare alla “trasformazione dell’attuale modello contrattuale, che assorbe quasi tutti gli istituti contrattuali, in un contratto nazionale ‘cornice’ che garantisca i diritti inalienabili per, poi, ad un secondo livello, cioè il livello aziendale, impostare caso per caso (azienda per azienda) una struttura atta a creare quel sistema che, retribuendo in parte anche il capitale, retribuisce anche e soprattutto il lavoratore”.
In estrema sintesi: gli atti del convegno “Europa Accelerazione Potenza” offrono una messa di riferimenti, di tematiche, di prospettive analitiche, autenticamente innovative, che non potranno non diventare un punto di riferimento fondamentale per qualsiasi iniziativa futura in materia. A chi le farà proprie di farsi carico di un’autentica volontà “ricostruttiva”. Oltre la crisi che attanaglia l’Europa – come dimostra l’iniziativa del Centro Studi Kultureuropa – c’è uno spazio culturale, sociale e politico per muoversi, con realismo sulla via del cambiamento. Senza velleitarismi. Con chiarezza d’intenti.