I 50 giorni della nuova governance Rai. Il Dg Rossi: basta con la visione ideologica

6 Lug 2023 12:12 - di Roberto Frulli

A 50 giorni dalla nomina e dall’insediamento sulla poltrona di Direttore generale della Rai, Giampaolo Rossi fa il punto, in un’intervista con il Corriere della Sera, delle cose fatte, dei risultati finora raggiunti e di quelli che sono gli obiettivi della nuova governance dell’azienda di viale Mazzini. E smentisce, numeri alla mano, tante voci fatte strumentalmente circolare in questi due mesi dalla sinistra. Che per anni ha fatto il bello è il cattivo tempo sulla Rai, occupandola manu militari.

“Siamo qui da 50 giorni: abbiamo evitato uno sciopero generale dei dipendenti, indetto contro la precedente gestione, chiuso il contratto di servizio che giaceva da nove mesi e definito i palinsesti autunnali a tempo di record”, elenca Giampaolo Rossi. Che non rinuncia a parlare dell’uscita dalla Rai di Bianca Berlinguer approdata a Mediaset.

Lei stessa spiega oggi che a farle la guerra, in Rai, in questi anni, è stata la sinistra più che la destra. E, infatti, Rossi non ha alcuna difficoltà a rivelare che nei nuovi palinsesti era già stato previsto un posto anche per la figlia di Enrico Berlinguer:

Bianca Berlinguer “ha operato una scelta di vita. Dispiace che l’abbia fatta a pochi giorni dalla presentazione dei palinsesti in cui era stata confermata”, dice il dg Rai, spiegando che “si deciderà con calma” su chi le succederà.

Ma sulla faccenda, che non riguarda solo la Berlinguer, Giampaolo Rossi ha un’idea ben precisa. E pone la questione rilevando che il tetto di 240mila euro ai compensi “è un elemento che ci sfavorisce in un mercato competitivo. Il rischio – avverte – è che la Rai diventi un incubatore in conto terzi di professionalità”.

Domani a Napoli saranno presentati i  palinsesti autunnali, che Giampaolo Rossi anticipa nelle linee generali segnando un cambio di passo: “Valorizzano le risorse interne, sono plurali e organizzano finalmente le reti secondo criteri di genere, uscendo da una visione ideologica”. Che è, poi, il peccato originale di un’azienda usata fino ad oggi dalla sinistra per fare politica e clientelismo.

E, infatti, “Rai3, come ogni rete, racconterà l’Italia com’è realmente – aggiunge Rossi – non come qualcuno la vorrebbe”.

Il dg di viale Mazzini smentisce, dati alla mano, anche la polemica relativa all’eliminazione del giornalismo d’inchiesta dal contratto di servizio: “È inserito nell’allegato, parte integrante del contratto di servizio, secondo l’atto d’indirizzo del governo e le linee guida dell’AgCom, dove si parla di qualità dell’informazione. Guardi, questa è solo una polemica inutile – taglia corto Giampaolo Rossi – in questi palinsesti l’offerta d’inchiesta giornalistica aumenterà con nuovi format e più ore”.

Rossi, però, guarda anche ad un orizzonte più ampio e auspica una riforma della tv di Stato, a partire dalla “natura giuridica della Rai, sottoposta oggi alla rigida disciplina pubblicistica che pone enormi vincoli, rendendola meno competitiva in un mercato sempre più sfidante”.

Le cose a cui mettere mano, da questo punto di vista, sono tante: “Abbiamo procedure di appalto lentissime, poco concorrenziali. Ma c’è un altro punto importante: la durata della governance. Tre anni sono pochi per gestire un’azienda così complessa”, dice Giampaolo Rossi che la Rai la conosce molto bene e non da oggi.

Altra questione importante e, al contempo, delicata, è quella delle risorse per la Rai che ha 580 milioni di debito e rischia di perdere il canone.

“Sta per nascere un tavolo ministeriale sul futuro del finanziamento della Rai”, rivela Rossi. Che, sul canone in sé non ha rigidità: “Ci sono ragionevoli certezze che il canone possa rimanere in bolletta. Dopodiché non è un dogma. In molti Paesi non c’è. Ma è un dogma che il servizio pubblico venga finanziato dallo Stato”. E conclude: “A noi interessano risorse certe e stabili. I modi li decida la politica. Intanto andrebbe recuperata alla Rai quella parte del gettito che oggi finisce altrove. Sono 150-180 milioni che potremmo vincolare a usi predefiniti: la produzione audiovisiva italiana, l’ammodernamento delle sedi regionali e la digitalizzazione”.

Commenti

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  • renato 6 Luglio 2023

    Ci penserà Piersilvio a fare televisione ideologica…che schifo….L’avevo sempre pensato che il grande presidente i nemoici li aveva in casa prima che in tribunale….tristezza