Il Pil rallenta, colpa dei folli tassi di “Madame Lagarde”. Il governo italiano: “Adesso basta”

29 Lug 2023 15:24 - di Leo Malaspina

Tutto previsto, o quasi. Andamento lento, quasi fermo. La dinamica del pil nel secondo trimestre è molto debole, l’inflazione frena grazie all’aumento dei tassi deciso dalla Bce della Lagarde ma chi ne paga il prezzo più alto è l’economia, la crescita, le imprese che hanno sempre più difficoltà ad accedere al credito mentre la scarsa liquidità genera incertezza nei consumi. Se a ciò si aggiunge l’arresto del traino estero dell’estero e anche l’impatto che potrebbe derivare dalla frenata della locomotiva tedesca, per l’economia italiana è scattato l’allarme e a suonarlo è il Centro Studi di Confindustria, che con la Congiuntura Flash del Centro Studi di Confindustria consegna una foto che vede addensarsi molte nubi all’orizzonte.

L’indice è puntato soprattutto contro “Madame Lagarde e alla sua linea di rialzo dei tassi: soffrono, avverte Viale dell’Astronomia, le imprese che stanno subendo un continuo aumento del costo del credito (4,81% a maggio). Questo sta riducendo lo stock di credito bancario (-2,9% annuo a maggio). Le indagini Istat e Banca d’Italia mostrano un irrigidimento dei criteri di offerta (costi, ammontare, scadenze, garanzie), una domanda frenata dal costo eccessivo, una quota significativa di imprese che non ottiene credito (6,0%), soprattutto perché rinuncia per le condizioni onerose (56,3%).

E così gli investimenti segnano il passo. La produzione di beni strumentali è in calo nei primi 5 mesi del 2023 (-2,6%). I dati qualitativi suggeriscono che nel 2° trimestre le condizioni per investire si sono deteriorate (saldo a -20,4 da -18,1), mentre le attese delle imprese sulla spesa per investimenti nei prossimi 6 mesi sono migliorate ma restano basse (20,4 da 14,9; indagine Banca d’Italia).

Rialzo dei tassi, la protesta di Tajani contro la Bce della Lagarde

Proteste contro la politica monetaria della Bce arrivano, ormai, esplicite, dal governo: “La soluzione per combattere l’inflazione non è aumentare il costo del denaro. Purtroppo con le decisioni della Banca centrale europea, che continua ad aumentare il costo del denaro, aumentano i tassi dei mutui e questo è pericoloso e dannoso per la crescita e per le imprese. Se si continua così si rischia di bloccare l’economia”, dice il vice premier e ministro deli Esteri Antonio Tajani parlando, a Palermo, a margine della cerimonia per il 40°anniversario dell’uccisione del giudice Rocco Chinnici. “Naturalmente – ha aggiunto- la Banca centrale può fare quello che vuole ma anche io sono libero di criticare certe scelte. Mi auguro che Lagarde ascolti il grido di dolore che arriva dall’Italia perché noi abbiamo anche il dovere di difendere imprese e famiglie. Anche il governatore della Banca d’Italia Visco e il presidente dell’Associazione bancaria Italiana Patuelli hanno detto che non è la soluzione giusta aumentare i tassi d’interesse per sconfiggere un’inflazione che in Italia viene dall’esterno, dall’aumento del costo delle materie prime. Noi però andiamo avanti con una politica economica che dovrà basarsi sulla riforma della burocrazia, del fisco, della giustizia, la riforma tributaria, e puntando su industria, agricoltura e turismo”.

Parole simili anche da Lucrezia Reichlin, economista docente alla London Business School e tra le voci più influenti e prestigiose della “sinistra” “La Bce a settembre deve fermarsi: non c’è motivo per continuare ad aumentare i tassi di interesse, a meno di non avere sorprese dai prossimi dati”, ha spiegato a La Stampa.

Incertezza anche sui consumi, meglio l’export

All’insegna dell’incertezza rimangono anche i consumi. L’Icc traccia una riduzione della spesa nel 2° trimestre (-0,6% annuo), sintesi del calo per i beni e della crescita dei servizi. E a luglio c’è stata una frenata della fiducia. Ma le temperature record, indica il Csc, potrebbero accrescere i consumi di elettricità (condizionatori). Un sostegno viene poi dal mercato del lavoro: ad aprile-maggio +0,4% il numero di occupati sul 1° trimestre (+184mila nei primi 5 mesi).

Intanto, a maggio si è attenuata la riduzione dell’export italiano (-0,3% a prezzi correnti); pesa il forte calo della domanda dei paesi UE (-1,7%) mentre è buona la performance extra-UE (+1,2%). I beni strumentali registrano il calo più forte (-2,6%), dopo gli energetici. Prospettive negative per i prossimi mesi dagli ordini esteri delle imprese manifatturiere, che a luglio hanno toccato il minimo da gennaio 2021 (-20,6 il saldo). Recupera, solo in parte, il commercio mondiale a maggio.

C’è poi un altro fattore di rischio al quale il Centro Studi di Confindustria dedica un’ampia analisi ed è quello che arriva dalla Germania, che costituisce uno dei principali mercati per i beni italiani: le nostre imprese sono fornitrici di varie industrie tedesche, specie nell’automotive e soprattutto di beni intermedi; quando l’industria tedesca frena, si ha un impatto negativo sulla produzione italiana, ma la sua tenuta nel 2023 dovrebbe evitare impulsi negativi ulteriori. Tuttavia, la debolezza tedesca nei consumi potrebbe frenare il pil italiano, colpendo sia il nostro export di beni finali, sia il turismo di tedeschi in Italia, che genera per noi un forte export di servizi.

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