Il serial killer Luca Delfino lascia il carcere. In una Rems il “mostro delle fidanzate” di Genova
E’ uscito “ il mostro”, quello che fa paura agli abitanti di Pra: Luca Delfino. Secondo la legge ha pagato il conto. Secondo la legge di donne ne ha uccisa solo una ma è praticamente certo che erano due le sue vittime. Ma ogni volta che ha ucciso lo ha fatto come reazione abbandonica. Perché secondo la perizia psichiatrica che gli ha diagnosticato un disturbo borderline con scivolamenti psicotici ( senza essere psicotico), redatta da un medico di grande spessore come Pietro Ciliberti, Luca aveva un vizio parziale di mente . Per questo dovrà fare sei anni e mezzo di Rems, proprio a Prà, vicino Genova. Altra assurdità: lo curano ora e non prima.
Ma Luca Delfino non è matto . Diciamolo due volte agli abitanti di Pra : non è matto. E molto probabilmente sarà innocuo per loro. Potrà uccidere ancora ma dovrà avere una relazione, essere abbandonato e reagire in quel modo. Il vero, grande scandalo è che la vita di Antonella Multari, massacrata il 2007, valga sedici anni di carcere. Pena raggiunta grazie alla seminfermità e alla possibilità di accedere al rito abbreviato, altra oscenità oggi parzialmente cancellata.
Se un uomo antipatico e altrettanto antisociale come Fabrizio Corona, che non ha ucciso nessuno, ne ha dovuto scontare tredici e mezzo per reati bianchi, leggere che Luca Delfino esca dopo la crudeltà di quell’omicidio e l’incredibile assoluzione per la morte di Luciana Biggi, grida vendetta al cospetto di Dio come avrebbe detto Andreotti.
La sentenza della Cassazione che ha aperto le porte del carcere a Luca Delfino
Il merito di questa impunità è tutto da ricercare nella famosa sentenza Raso della Cassazione a sezioni unite del 2005 che ha aperto la strada della seminfermità ai disturbi di personalità. Una sentenza che ha consentito legittimamente a tanti avvocati e periti di avere un’autostrada aperta.
Una sentenza unica nel resto di un’Europa in cui non esiste la seminfermità.
Luca Delfino non è il mostro di Rostov , né quello di Milwaukee ma un assassino che uccide se sollecitato in alcune aree delle sue emozioni. È un antisociale, difficilmente recuperabile. E per recuperarlo hanno aspettato che passasse sedici anni in galera. L’ennesima incongruenza di una giustizia che, solo a pronunciarne il nome, sembra un ossimoro.