Lotta alla mafia, Ferro: “Con il governo Meloni cambio di rotta, la strada è quella della fermezza”
A due giorni dalle commemorazioni della strage di via d’Amelio, il sottosegretario agli interni Wanda Ferro traccia un primo bilancio dell’attività del governo Meloni nella lotta alle mafie. “Fin dall’inizio abbiamo scelto la strada della fermezza rispetto a capisaldi della nostra legislazione antimafia, come l’ergastolo ostativo e il carcere duro. Il governo ha indicato con estrema chiarezza da quale parte stare: quella del contrasto alle mafie, della tutela delle vittime, del rispetto del lavoro di magistrati e delle forze dell’ordine – prosegue Ferro -che con grandi sacrifici e rischi personali combattono le organizzazioni criminali. Giorgia Meloni ha più volte ricordato come il suo impegno in politica sia nato proprio all’indomani delle stragi in cui vennero uccisi servitori dello Stato come Falcone e Borsellino, le cui intuizioni si sono trasformate in un strumenti normativi che si sono dimostrati imprescindibili nell’azione di contrasto alla mafia. E poi c’è un grande lavoro che stiamo facendo sul riutilizzo a fini sociali ed istituzionali dei beni confiscati alla criminalità”.
Il concorso esterno non è in discussione. Imprescindibile per lotta alle mafie
Wanda Ferro mette il punto sulle polemiche per l’abolizione del 416 bis, smentita sia dal premier che dal ministro Nordio ”Voglio anche essere molto chiara rispetto al dibattito di questi giorni sulla possibile modifica del reato di concorso esterno in associazione mafiosa – chiosa. infine, il sottosegretario Ferro -, non è un tema in discussione, come hanno già ribadito il sottosegretario Mantovano e il sottosegretario Delmastro. Il governo non ha intenzione di dare alcun segnale di arretramento nella lotta alla criminalità organizzata. Quanto detto da Giorgia Meloni e dal ministro Nordio chiude qualsiasi polemica in materia”.
Quel manifesto funebre sbagliato
Il sottosegretario agli interni, peraltro calabrese, torna sul manifesto funebre fatto affiggere dal comune di Petilia Policastro, nella sua regione, in provincia di Crotone, per il suicidio di uno dei sicari di Lea Garofalo, la donna che si ribellò alla ndrangheta pagando il prezzo della morte. ”Mi ha molto colpito la partecipazione dell’Amministrazione comunale al lutto per la morte di uno degli assassini di Lea Garofalo perché è stato un episodio inaccettabile; come ho voluto rimarcare, la mafia vive di simboli, e i manifesti funebri fatti affiggere a Petilia Policastro hanno rappresentato quasi un inchino delle istituzioni alla memoria di Rosario Curcio, condannato all’ergastolo in via definitiva per aver partecipato all’omicidio e alla distruzione del cadavere di Lea, colpevole di essersi ribellata ad un destino di ‘ndrangheta. Il sindaco si è poi scusato e ha spiegato la vicenda con una sorta di automatismo valido per tutti i concittadini – aggiunge Ferro – ma nell’immediatezza aveva giustificato l’affissione del manifesto parlando di discriminazione e di uguaglianza di tutti davanti alla morte. Ci sono simboli che hanno una loro sacralità e Lea Garofalo è uno di questi”, ha concluso l’esponente di governo.