Marco Ferradini: “Teorema era un inno alla donna. Ma ho rischiato di finire nel libro rosso di Mao”
“Prendi una donna, trattala male, lascia che ti aspetti per ore…”, cantava Marco Ferradini in “Teorema”, negli anni Ottanta, canzone di straordinario successo che gli procurò non pochi problemi, da sinistra, proprio a lui che frequentava il centro sociale “Leoncavallo” di Milano. Oggi, forse, con il politically correct di gran moda, la stessa canzone non potrebbe cantarla. “Ad un certo punto dopo il #meetoo mi ero pure quasi pentito. E invece no, le riscriverei pari pari. E sa perché? Perché sono solo parole di una bella canzone d’amore. Che va contestualizzata nel tempo. Non sa quanta gente si è innamorata con quel disco. E per strada, a volte, scherzando ancora mi chiede consigli: ‘Marco, io la amo ma mi fa penare… Che devo fare?”, racconta Marco Ferradini, 73 anni, a Repubblica, in una lunga intervista in cui lambisce anche il tema politico.
Marco Ferradini e il suo “teorema” sulle donne
Mister “Teorema”, ancora oggi, nei concerti, deve rifare quel pezzo due o tre volte, a grande richiesta, anche se negli anni Ottanta, con il boom del femminismo. “Col senno di poi certo, guai a non rispettare le donne. Però la deriva, se non stiamo attenti nel rileggere le cose del passato, è finire nel ‘libretto rosso di Mao Tse-Tung. Teorema l’ho scritta quattro decenni fa, anche alcuni cinepanettoni di quegli anni, con certe battutacce, sono ‘politicamente scorretti’. E persino ‘Amici miei’. Che le devo dire? Probabilmente all’epoca come maschio ero più ‘basico’: mi ero lasciato con la mia prima moglie ed ero davvero deluso. Buttai giù testo e musica in montagna davanti al fuoco, insieme al mio caro amico Herbert Pagani. E poi comunque, non per difendermi, ma tutti cantano sempre e solo le prime e le seconde strofe. La canzone si conclude con una sola verità: che ‘Non esistono leggi in amore, lascia aperta la porta del cuore e vedrai che una donna è già in cerca di te…’. Altro che sessista, la canzone semplicemente seguiva il concetto che in amor vince chi fugge…”.
Il Leoncavallo e l’arrivo della droga
Degli anni Ottanta Ferradini ricorda la spensieratezza, ma anche la droga. E nel Leoncavallo, ma anche a Radio Popolare, dove spesso lavoava, “avevi sempre la percezione della società: negli anni Settanta in quel centro sociale ho sentito parlare di politica, poi ho visto entrare la droga, che io non ho mai usato. Ad un certo punto, scavallati gli anni di Piombo, varcavi la soglia e vedevi tutti ballare. Che bello! La gente aveva voglia di tornare a divertirsi ad amare. E ‘Teorema’ cadeva a fagiolo. E sa una cosa? All’epoca furono proprio le femministe le mie prime fan”, racconta il cantante milanese.