Meloni in missione per conto della “super Nato”. Intesa su Ucraina e migranti con la Lettonia

10 Lug 2023 20:53 - di Mario Campanella

Sostegno all’Ucraina, più forza alla Nato e linea comune sui confini. Parte da Riga la tre giorni della Meloni che mercoledì farà registrare le conclusioni del vertice Nato chiamato a decisione molto delicate sul fronte bellico e militare. Il premier italiano, in Lettonia, ha intanto stretto mani e legami. “In tema migrazione ci siamo trovati d’accordo. La Lettonia ha confini esterni dell’Ue, ragionare di movimenti primari invece che discutere di quelli secondari è più facile. La questione della migrazione per essere affrontata in maniera unanime deve essere gestita dall’origine. Perché siamo nazioni diverse. Se insieme lavoriamo per fermare l’immigrazione illegale, dando pari diritti a chi viene a vivere da noi quando i flussi vengono governati, è il modo migliore per affrontare questa materia”, ha detto il presidente del Consiglio italiano.

Parole chiare, da Giorgia Meloni, al termine del bilaterale in Lettonia e l’incontro con il premier Karins a Riga hanno avuto un’importanza strategica in vista del vertice di Vilnius della Nato, per una serie di motivi. In primis, ovviamente, la discussione preparatoria sull’ingresso della Svezia nella Nato e, in prospettiva, dell’Ucraina, che è il tema centrale delle discussioni che inizieranno a Vilnius. Karins è un conservatore (cosi come del resto il presidente della Lituania, Nauseda), membro di quell’area di cui Meloni è leader in Europa  e che vuole affrontare nel futuro prossimo la sfida di un cambiamento possibile e anche auspicabile all’interno della maggioranza che governa il continente.

Meloni e il bilaterale con la Lettonia

Lettonia e Lituania sono due paesi Ue, avamposto baltico e indispensabile punto di appoggio sia nel sostegno all’Ucraina , sia nel contemporaneo processo di modifica geopolitica sulla quale proprio l’area baltica, a partire dal 2024, rivestirà un ruolo di primissimo piano.  Non a caso Meloni ha parlato di investimenti, di scorporo, di patto di stabilità, lanciando un ponte alla realizzazione di strategie difensive che non vengano considerate come spesa ordinaria dal burocratismo imperante a Bruxelles.

Karins, nel commentare il bilaterale, ha fatto il parallelo sull’emergenza immigrazione che, da latitudini diverse, interessa l’Italia in relazione all’Africa settentrionale e la Lettonia come paese confinante di quella Bielorussia drammaticamente ostaggio di Lukashenko e colonia putiniana all’interno della quale i flussi di uscita sono enormi. Il successo dei conservatori nella vecchia cortina di ferro ( considerando anche il passaggio di Orban non più nel partito popolare)  è servito come argine alle seduzioni oligarchiche. Seppure Minsk sia un caso a se , è opportuno ricordare come i 2004, sia Lituania che Lettonia abbiano dovuto fronteggiare un rischio  serio di “putinizzazione”.

La preoccupazione principale dei due piccoli ma importanti paesi baltici è naturalmente la difesa dal confine , la fine del conflitto con la restituzione della sovranità piena all’Ucraina e un processo preparatorio che porti, come ha sottolineato anche Biden, Kiev ad entrare nella Nato in un tempo che non significhi trasformare il dramma attuale della guerra in un conflitto incontrollabile.

L’importanza dell’Italia e una politica militare della Nato

L’ingresso di Stoccolma nella Nato ha una funzione assimilabile ( con le dovute proporzioni) a ciò che rappresentava la piccola ma essenziale Finlandia negli anni della guerra fredda. Dirimpettaia di Mosca e sentinella dell’Occidente era uno snodo geopolitico irrinunciabile. Meloni, proprio nell’incontro con Karins, ha invitato l’Europa ad avere ” una politica militare e della sicurezza comune” anche guardando alle necessità di ulteriore sostegno a Kiev. Proprio la leadership conservatrice italiana è un modello per la  Scandinavia, che è il ponte che collega l’Occidente all’est e che  oggi ha una conformazione tendente a sostituire  laburisti con i conservatori.. La Svezia lo è da otto mesi, mentre  la Finlandia ad aprile ha sostituito la Marin con Petteri Orpo. Il peso dei conservatori, dalla Repubblica Ceca ai paesi baltici sino agli avamposti scandinavi, è una garanzia di stabilità proprio in funzione geopolitica nei confronti del conflitto in corso e con una socialdemocrazia che ha dimostrato in tutto il continente di non poter dare le necessarie rassicurazioni di occidentalismo.

Un’Europa diversa e la nuova politica degli investimenti

Nella conferenza stampa con il leader lettone, Giorgia Meloni ha poi tracciato un altro punto da segnare, che potrà essere fondante dopo le elezioni del giugno 2024. “L’Ue è chiamata a importanti scelte economiche, di resilienza delle sue catene di approvvigionamento, di sostegno alle sue industrie e alla sua capacità di essere competitivo” ha detto il nostro premier, aggiungendo che ” questo richiama il tema delle regole, dal Patto di stabilità e crescita in poi. L’Italia continua a ritenere fondamentale il ruolo che diamo alle spese per investimenti su difesa, transizione verde e digitale: danno un moltiplicatore che la spesa corrente non dà. Non si possono considerare le due cose come se fossero la stessa”. Lo scorporo degli investimenti è una delle dinamiche più interessanti in funzione della mutazione geopolitica europea, che richiede lo sforzo di comprensione dei popolari di poter recepire ciò che i conservatori propugnano e cioè un’identità comune che non annulli le singole sovranità. Bruxelles non può, in tempo di guerra, continuare a considerare la spesa militare come ordinaria e quindi sottoposta al vincolo generale della spesa da non superare nel rispetto del patto di stabilità. E ciò è un altro elemento che unisce tutti i conservatori e che vede d’accordo anche una buona fetta dei popolari.

Il cordone militare e l’attesa di Kiev

Il vertice lituano, oltre all’ingresso della corona svedese nella Nato, dovrò decidere sull’utilizzo delle bombe a grappolo. Biden vorrebbe che l’Ucraina le utilizzasse, l’Italia e il Regno Unito no e con loro gran parte degli altri paesi che certo non hanno mancato di sottolineare come queste stesse armi Putin le stia usando senza problemi. Zelensky ha detto di volere le bombe a grappolo solo in fase difensiva, e cioè per respingere i russi dal territorio ucraino, e non offensiva. L’ingresso dell’Ucraina nella Nato avverrà a guerra finita ed è una decisione saggia accettata da tutti. Gli Usa hanno dato altri 800 milioni di dollari di armi a Kiev. L’incontro di Vilnus dovrà chiarire le strategie a breve-medio termine nel supporto complessivo al paese ucraino. Con l’obiettivo comune di continuare a contrastare Putin.

 

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