Nel Mezzogiorno l’occupazione sale a livelli pre-Covid. Il rapporto Svimez premia il governo Meloni
Il Mezzogiorno ha fatto segnare nel periodo successivo allo shock del Covid una crescita occupazionale sostenuta, grazie alla quale è tornato su livelli di occupazione superiori a quelli osservati nel pre-pandemia (+22 mila occupati nella media del 2022 rispetto al 2019). È quanto si evidenzia nelle anticipazioni del Rapporto Svimez 2023.
Tra il primo trimestre del 2021 (durante il quale si è raggiunto il picco negativo dell’occupazione) e il primo trimestre del 2023 (l’ultimo per il quale sono disponibili i dati di interesse), l’occupazione è cresciuta a livello nazionale del +6,5% (+1,4 milioni di occupati) e del +7,7% nelle regioni del Mezzogiorno (+442 mila occupati).
Per la prima volta dopo molti anni è cresciuta anche la componente a tempo indeterminato, soprattutto al Sud (+310 mila unità; +9% rispetto al +5,5% del Centro-Nord). La composizione settoriale della crescita occupazionale La crescita occupazionale si è concentrata nei settori delle costruzioni e dei servizi in tutto il Paese. Solo nel Centro-Nord l’industria in senso stretto ha contribuito alla ripresa dell’occupazione. Va tuttavia rilevato che i posti di lavoro, al Sud, rimangono ancora al di sotto di circa 300 mila unità rispetto ai livelli raggiunti nel 2008
Nel Mezzogiorno boom di assunzioni nel campo alberghiero e della ristorazione
Nel Mezzogiorno, la crescita dell’occupazione nel terziario è stata trainata in particolare dalle attività di alloggio e ristorazione che, con circa 100 mila addetti aggiuntivi, spiega circa un quarto della crescita complessiva. Al Sud sono cresciuti anche gli occupati nelle costruzioni, mentre si è rivelato modesto il contributo del settore industriale, soprattutto comparativamente alle perdite occupazionali sofferte dal settore negli anni passati. La questione nazionale dei salari si aggrava soprattutto nel Mezzogiorno.
La dinamica inflattiva si è ripercossa in maniera significativa sui salari reali in Italia. I più recenti dati di fonte OCSE evidenziano una generalizzata erosione del potere d’acquisto dei salari rispetto al pre-pandemia. In tale contesto, i salari reali italiani hanno subito una contrazione ancor più pronunciata (-7,5% contro -2,2% della media OCSE). In Italia, la perdita di potere d’acquisto ha interessato soprattutto il Mezzogiorno (-8,4%) per effetto della più sostenuta dinamica dei prezzi
Questa dinamica si colloca all’interno di una tendenza di medio periodo particolarmente sfavorevole al Mezzogiorno. Le retribuzioni lorde reali mostrano una tendenza sostanzialmente stagnante nel Centro-Nord tra il 2008 e il 2019 e in significativo calo proprio al Sud. Nel 2022 le retribuzioni lorde in termini reali sono di tre punti più basse nel Centro-Nord rispetto al 2008; nel Mezzogiorno di ben dodici punti.