
“Quanto mi arrapi”. Lei denuncia il suo dirigente, la giudice lo assolve: la ragazza è complessata
Assolto dall’accusa di molestie perché lei sarebbe “complessata” Un’altra singolare sentenza contro una donna. Da parte dello stesso giudice, Maria Bonaventura, che aveva assolto un bidello accusato di molestie perché se la palpatina non supera i dieci secondi non è molestia.
Questo caso parte dalla denuncia, due anni fa, di una dipendente di un museo capitolino oggetto di attenzioni morbose e insistenti da parte del suo capo. Si arriva al processo da cui l’uomo esce assolto: «Alla luce di tutte le considerazioni qui svolte – recita la sentenza – non si può escludere che la parte lesa, probabilmente mossa dai complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico (segnatamente il peso) abbia rivisitato inconsciamente l’atteggiamento dell’imputato nei suoi confronti fino al punto di ritenersi aggredita fisicamente». Insomma lei sarebbe a tal punto complessata dal sovrappeso da interpretare come molestie le palpatine del dirigente molesto.
Lui pronuncia quel «quanto mi arrapi» e poi insiste nel mettere in imbarazzo la ragazza. In un’altra occasione il dirigente – come ricostruisce il Corriere – «la bloccava in un angolo e le palpeggiava come al solito fianchi, schiena e pancia dicendo “dai fammi toccare ancora un po’…”». Una seconda volta (il 20 maggio 2019) le chiede di aiutarlo a prendere dei cataloghi in magazzino dove lei entra riluttante e scatta un nuovo assedio: «L’uomo la afferrava da dietro e iniziava a palpeggiarle i fianchi e la pancia quindi, appoggiandosi a lei, le sniffava i capelli e sussurrava ansimando…». Stesso schema una terza volta, in seguito a una cena tra colleghi: «iniziava a toccarla sul seno, sulla pancia, sui fianchi e sul sedere, a leccarla e a morderle le orecchie fino a quando le infilava la lingua in bocca».
L’uomo, a processo, ribalta tutta la ricostruzione: è la ragazza, afferma, ad essere attratta sessualmente da lui. Le colleghe, chiamate a testimoniare, sottolineano che il dirigente è un “giocherellone”. Gli piace scherzare, dicono, e essendo un dirigente – aggiungiamo noi – non si becca i due schiaffi che meriterebbe. La giudice in ogni caso lo assolve. Nel frattempo il dirigente è stato però licenziato. Almeno questo. La Procura presenterà appello.