Rocca al Secolo: “Ho dedicato i primi mesi alle emergenze, ora lavoro per il futuro del Lazio”
Francesco Rocca, avvocato penalista, manager sanitario, uomo della Protezione Civile e presidente dalla Croce Rossa, è dal 2 marzo al governo della Regione Lazio. Negli interventi di Rocca spiccano alcune parole chiave: ascolto, dialogo, programmazione, dignità, concretezza, visione, futuro. In questa intervista al Secolo le andiamo ad analizzare una per una.
Presidente Rocca, la parola “ascolto” nelle sue dichiarazioni è quasi sempre seguita da “dialogo”. Una scelta non casuale…
«La mia storia personale è fatta di ascolto e dialogo: come manager sanitario prima – a 37 anni ero già alla guida dell’Ospedale Sant’Andrea – e poi al timone dell’Organizzazione umanitaria più grande del mondo (la Croce Rossa Internazionale), non avrei potuto ottenere certi risultati se non avessi ascoltato attentamente tutti gli attori in campo e dialogato sempre con essi, per trovare soluzioni comuni e realmente efficaci».
Alla Regione Lazio invece che ambiente ha trovato?
«Putroppo è questa la grave assenza che ho constatato in Regione, appena insediato: mancavano proprio quell’ascolto e quel dialogo che dovrebbero essere alla base dell’azione di un buon amministratore. In questi primi mesi ho interagito con le forze politiche, le parti sociali, le associazioni, il Terzo Settore, le cittadine e i cittadini di ogni singola provincia della nostra Regione. C’era un bisogno enorme di confronto. Non è stato facile, ma già possiamo toccare con mano i primi importanti risultati».
La programmazione, pertanto, è consequenziale a questi primi due passaggi?
«Da un lato sì. Ma è un qualcosa che nel mio caso viene dall’esperienza manageriale e anche da quella umanitaria, soprattutto per quel che concerne il “fattore tempo”: se non si agisce con un preciso calendario, ponendosi sfide e scadenze per misurare il superamento delle stesse, non si va da nessuna parte e si rischia di rimanere schiacciati dalla burocrazia».
Presidente Rocca, può farci qualche esempio?
«In questi primi mesi di governo abbiamo già lavorato in modo da mettere in atto azioni importanti e concrete i cui indicatori di successo saranno misurabili in dicembre. Come ormai tutti sanno, il Lazio ha ereditato una situazione finanziaria davvero complessa. Il debito supera i 22 miliardi di euro e questa Regione sconta decenni di mancata programmazione, soprattutto in sanità. In tre mesi abbiamo programmato tutti gli investimenti in edilizia sanitaria, un miliardo e 200 milioni circa, dei quali oltre 500 milioni non erano stati programmati negli anni precedenti. Ascolto e dialogo servono a capire, poi bisogna decidere. E prima lo si fa, prima si pianifica, prima arriveranno i risultati. Ecco perché il fattore tempo è importante.
È stato, inoltre, avviato un sistema informatizzato per tracciare la disponibilità dei posti letto in degenza, con una centrale operativa che fotografa la situazione in tutte le strutture sanitarie, pubbliche e private accreditate. Poi, un nucleo ispettivo ha effettuato sopralluoghi presso gli ospedali con l’obiettivo di rendere disponibili i posti letto finora inattivi. Infine, è partito il Progetto sperimentale temporaneo per la gestione del sovraffollamento dei pronto soccorso, che mira a decongestionare i reparti di medicina e chirurgia, liberando spazi per i pazienti lasciati per troppo tempo in emergenza.
In questi primi mesi i tempi d’attesa per le ambulanze sono stati dimezzati, se confrontiamo i dati con quelli di un anno fa. Per quel che riguarda la criticità sulle liste d’attesa, ormai diffusa su scala nazionale, nel Lazio tutto il privato risultava al di fuori del Recup. Entro la fine dell’anno questo problema sarà risolto, con il 100% delle prestazioni finalmente incluse nel sistema.
Si tratta di un punto di partenza e non certo di arrivo. Tuttavia, era importante intervenire da subito e con determinazione per tracciare un percorso di riprogrammazione indispensabile».
Dignità. Questa è una parola grave, importante, poco utilizzata negli ultimi tempi, per certi versi demodé. Senza entrare nel filosofico, come la declina nell’amministrazione della Regione Lazio?
«L’affermazione della dignità dell’essere umano, in qualunque circostanza, è quello che mi muove da sempre, come avvocato, come manager e, a maggior ragione, come volontario. Ho toccato con mano nelle tende allestite dopo il terremoto dell’Aquila, così come in Siria, in Ucraina, nel Corno d’Africa cosa vuol dire perdere tutto e sentirsi soli e abbandonati dalle istituzioni. Ci sono valori fondanti che devono ispirare il comportamento di chi gestisce la cosa pubblica. Il primo fra tutti è quello di garantire dignità a tutte le persone.
In questa nuova veste il senso profondo del mio agire non cambia. Ed è anche il motivo per cui ho deciso di mantenere la scomoda delega alla sanità: voglio garantire l’effettivo diritto alla salute ai cittadini del Lazio, così come sancito dall’articolo 32 della Costituzione».
Nel Lazio le persone, soprattutto i più fragili, pagano cara questa assenza di dignità…
«Lo vediamo nei Pronto Soccorso dove gli anziani e non solo rimangono in attesa su barelle anche per 36 ore; lo tocchiamo con mano negli alloggi popolari che sembrano gironi danteschi; lo constatiamo dolorosamente nell’aver scoperto ingenti fondi non impegnati che avrebbero potuto fare la differenza per molte persone; lo testano sulla loro pelle le guardie carcerarie e i detenuti delle nostre strutture penitenziarie non adeguate e sovraffollate; lo vivono gli operatori sanitari sotto attacco. Questa per me è mancanza di dignità. Ed è la premessa necessaria per qualsiasi politica pubblica, la conditio sine qua non di ogni amministrazione della cosa pubblica».
Rispetto, quindi, e poi abbiamo la concretezza. Ma in quale ambito?
«Ad esempio, in quello che decido di comunicare o meno. Vede, da più parti mi si dice che comunico poco. Di essere poco presenzialista in tv o di non essere tanto “loquace” sui social media. La mia è una scelta, una volontà di concretezza e rispetto. Sono un uomo che viene dalla Protezione Civile e quindi abituato prima a fare e poi a parlare. So che non ci si aspetta questo da un politico e il tutto appare alquanto anomalo, ma io mi sento un amministratore che ha ricevuto un grande onore e una grande responsabilità. Voglio portare i fatti ai cittadini del Lazio e discutere di quelli. Le chiacchiere, gli effetti annuncio, non fanno parte della mia natura. Ripeto, preferisco prima ascoltare, poi programmare e infine comunicare, quando c’è qualcosa di concreto da comunicare. Ad esempio, nei primi mesi abbiamo evitato effetti annuncio e promesse, poi però, alla scadenza dei 100 giorni, abbiamo comunicato l’impegno di oltre 800 milioni di investimenti. Questo è il mio standard. Credo fortemente che serva a ridare credibilità alla politica e alle istituzioni».
Presidente Rocca, un altro suo tema ricorrente è quello di “visione” associato alla parola “futuro”…
«La capacità di visione, soprattutto del futuro, la speculazione sulle sfide che ci attendono e le possibili soluzioni non sono un esercizio, ma una necessità per sopravvivere ai tempi complessi e in continua evoluzione in cui ci troviamo.
Pensiamo, solo per fare un esempio, alla Kodak: aveva il brevetto per la fotografia digitale quando ancora non esisteva, ma ha preferito il “qui ed ora”, il sicuro business del rollino e della stampa. Morale? Da leader indiscussi del settore in pochissimo tempo sono letteralmente spariti».
Qual è la sua ambizione?
«Con la mia Giunta voglio dare corpo alla visione di un Lazio che sia in grado di esprimere appieno le sue immense potenzialità. Scontiamo ritardi assurdi e assenza di visione. Le faccio un esempio: che il Giubileo cadesse nel 2025 era noto a tutti da tempo, visto che ricorre ogni 25 anni. Anche qui siamo in un ritardo disastroso. E dobbiamo poi cogliere la grande sfida dell’Expo 2030. La politica è schiacciata su un eterno presente che fa letteralmente sparire il lungo periodo dal dibattito pubblico. Ma solo il lungo periodo lascia in eredità grandi trasformazioni. E per farlo, serve una visione».
Presidente Rocca, più volte ha dichiarato che nella sua visione il Lazio deve recuperare centralità e competitività. In che modo?
«Immaginando un Lazio che non ruota intorno a Roma. Roma resta il propulsore, la locomotiva, ma tutto il territorio deve beneficiare di questo primo motore per poter sfruttare le immense potenzialità inespresse. Vale per tutti i settori produttivi e vale per la cultura come per il turismo. Serve un cambio di paradigma. Se lei va a Venezia, troverà molte facilitazioni per visitare il circuito delle Ville Palladiane. Perché il pellegrino o il turista che arrivano a Roma non devono essere messi nelle condizioni di ammirare le Ville Tuscolane, la Strada delle Abbazie della Ciociaria o il Borgo di Fossanova in provincia di Latina?»
Presidente Rocca, per concludere, che cosa possono aspettarsi i cittadini nei prossimi mesi?
«Mi aspetto di poter già misurare la rivoluzione digitale e organizzativa che abbiamo impresso al Sistema Sanitario Regionale, così come la messa a terra di altre misure fondamentali per la ripartenza del Lazio.
Ho dedicato gran parte di questi primi mesi a governare le emergenze, spero di poter lavorare presto al futuro del Lazio, restituendogli il ruolo che merita nel contesto nazionale e internazionale».
FOTO ANSA: Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca