Salario minimo, Calenda spiazzato da Renzi: «Se va a destra, i gruppi unitari cadranno»
È facile dire “separati in casa“. Poi c’è il tran tran quotidiano, le posizioni da assumere, gli obiettivi da centrare, gli impegni da onorare. E sempre sospesi tra la possibilità di tornare uniti e la prospettiva di rompere completamente. In questo una coppia politica è uguale ad ogni altra nella vita di tutti i giorni. Prendete Carlo Calenda e Matteo Renzi: ognuno si è ripreso il proprio partito (rispettivamente Azione e Italia Viva), ma lasciando in comproprietà i gruppi parlamentari. Direbbe qualcuno che tra loro è calato «il broncio effimero degli innamorati» piuttosto che «l’irriconcialiabilità assoluta, tipica dei nemici». Chissà.
Così Calenda sul Corriere della Sera
Sta di fatto che i due non solo non si parlano, ma neanche perdendo occasione per beccarsi. L’ultima volta solo oggi, attraverso un’intervista al Corriere della Sera in cui Calenda bacchetta l’ex-alleato per essersi distanziato sul salario minimo. «Ci sorprende. Era nel nostro programma elettorale». Da qui il sospetto, complice anche il garantismo verso il ministro Daniela Santanché, che Renzi non disdegni la «deriva di destra». Sul punto il leader di Azione esige chiarezza. E avverte: «Se vuole andare con Forza Italia o se entrerà in maggioranza i gruppi cadranno, ma è una scelta che farà Renzi, non sarò io a farla».
Enrico Borghi eletto capogruppo al Senato
Una minaccia che Calenda ha fatto cadere subito dopo aver annunciato il suo voto per il renziano Enrico Borghi a presidente dei senatori del gruppo Azione+Iv. Ma l’ex-Rottamatore ostenta tranquillità. «Credo – ha scandito intervento all’assemblea dei senatori – che abbiamo di fronte a noi una stagione incredibile. Se avessimo continuato un percorso unitario ancora di più, ma comunque c’è uno spazio politico incredibile». Parole che lasciano intravedere sia il rimpianto per il mancato decollo del Terzo polo sia la prospettiva di chissà quali praterie elettorali. Che è poi la vera posta in gioco in vista delle elezioni europee del 2024, dove occorre superare l’asticella del 4 per cento per accedere al riparto dei seggi. Un miraggio per Calenda e Renzi.