Strano, Lagarde vuol «spezzare la schiena all’inflazione» e nessuno l’accusa di imitare il Duce
Colpiscono in particolare due aspetti nel day after seguito alla decisione di Christine Lagarde di alzare per la nona volta consecutiva i tassi d’interesse. In entrambi i casi il protagonista è il silenzio, mai così d’oro come adesso. E sì perché non osiamo pensare a che cosa sarebbe accaduto se, invece che dalla presidente della Bce, il fatal annuncio («spezzeremo la schiena all’inflazione») fosse venuto da un esponente del governo in carica o da un qualsiasi tecnico o esperto in qualunque modo legato a Giorgia Meloni.
Lagarde ha aumentato ancora i tassi d’interesse
Come minimo ci sarebbe stata la corsa ad accostarlo al mussoliniano «spezzeremo le reni alla Grecia», con tutto quel solitamente in questi casi ne consegue in termini di polemiche e richieste di dimissioni. Per fortuna lo ha detto Lagarde e a nessuno è saltato in mente di evocare posture ducesche. Ma il silenzio che più conta e che davvero risulta assordante è quello che ha accolto l’intervista di Lucrezia Reichlin alla Stampa, in cui l’economista oggi docente alla London Business School chiede alla presidente della Bce di fermarsi. «Non c’è motivo per continuare ad aumentare i tassi di interesse» pena -avverte – il «rischio recessione».
Le critiche della Reichlin riecheggiano quelle del centrodestra
Udite udite! Parole di autentico allarme, ma non proprio nuove se pensiamo che analoghi concetti sono stati espressi in passato da esponenti del centrodestra come Guido Crosetto e, più di recente da Antonio Tajani (oltre che dalla stessa Meloni) e puntualmente accolte da fremiti d’indignazione e dall’accusa di voler attentare all’indipendenza della Bce e all’autonomia della Lagarde. Certo, si obietterà che una cosa è il giudizio di un governante, altro quello di un’esperta. Ed è vero, ma è altrettanto vero che il saggio esorta – a pena di stupidità – a guardare la luna e non il dito che la indica. Proprio l’errore che ha commesso la sinistra pur di non dare ragione al governo. E questo ne spiega l’imbarazzato ritiro in un assai poco dignitoso silenzio.