Sulla Santanchè si processa il ceto medio. Il “lusso” di Lady Souhmahoro non ha insegnato nulla alla sinistra
Daniela Santanchè è personalità forte, impattante; a volte bella sfrontata: non fruisce, per ciò, di sconti empatici da parte delle opposizioni; perché è figura tranciante dei valori-pauper che le leadership progressiste predicano al proprio mondo, senza praticarli nel privato; anzi, volentieri, imitano nella sfera individuale, le leggere filosofie dell’agiatezza che Lady Daniela espone con non poca iattanza.
A sinistra, coscienze double face
La vocazione vistosa (e costosa) all’armocrimia di Elly Schlein è emblematica. E fa il paio col diritto all’eleganza e al lusso reclamato dall’onorevole Sumahoro, come nuovo “diritto sociale” della sua signora.
In aula, la ministra, con poco inclito parlamentare, si è difesa rinfacciando vis a vis ai politici dell’opposizione di averla cercata per accedere alle raffinatezze della “Twinga life”: così, ha bussato alla porta delle coscienze double face. Ora, al netto delle responsabilità penali che, se vere, saranno accertate nelle sedi proprie, il “problema” non è la Santanché. La riflessione da fare, con serietà di analisi, a mio modo di vedere, è un’altra; in verità il suo caso rivela una questione politica. Che non è quello dell’”opportunità” sollevato dalla sinistra: un’arma che “di là” tengono sempre carica contro gli avversari; soltanto. Ma quella del ceto sociale rappresentato nel governo Meloni; problematica seria, che riguarda la costituency del centrodestra. Perché un governo “right” possa rispecchiare la comunità nazionale, non può fare a meno di donne e uomini provenienti dal sistema delle imprese e dal lavoro autonomo. Anche perché, l’atlante sociale indica quell’area come “vicina” al centrodestra; e segnala un dato politico: è quello il liquido amniotico dove vive molto del ceto medio; cioè della “borghesia dinamica” che, nelle società occidentali, si fa protagonista anche del consenso; nel trascorso “secolo breve” è stato così. Lo è anche in questo nuovo.
Il centrodestra e la middle class
Il centrodestra è destinatario dell’opzione privilegiata di quelle categorie: la fascia “di mezzo” tende ai valori più conservative che liberal; e, nel confronto bipolare, tra l’area moderata e quella progressista, fa pendere la bilancia in favore della prima: determina così la scelta del Corpo elettorale.
Per tali ragioni, un governo di centrodestra è anche destinato a sbattere spesso con le tematiche – infondate o meno – che sono state sollevate a carico della ministra del Turismo; non è e non sarà un caso singolo; sono armi che saranno periodicamente ricaricate dalle opposizioni, per ora deprivate di munizioni, a causa dei buoni numeri dell’economia italiana.
Ci sono, nel gabinetto Meloni, come in passato nelle compagini guidate da Berlusconi, presenze che vengono da significative esperienze aziendali e professionali; le giudico necessarie, se si vuole assicurare all’azione di governo competenze adeguate.
Un esecutivo non può essere soltanto la rifrangenza dell’emisfero che vive nel pubblico e di pubblico; inclusa la classe dirigente “professionista” della politica; nel cui primato, comunque, credo. La sinistra trova difficoltà d’ingresso in quegli strati sociali che vivono di “proprio” e non “di Stato”; nella finanza, per dire, il rapporto con la destra é inverso: prevale la sinistra. Ma ci sono in atto progettualità e traiettorie del ministero Meloni che sono seguite con attenzione dalla middle class: la riforma fiscale e quella del lavoro in primis; alcuni corpi intermedi stanno facendo sul governo un investimento di disponibilità e dialogo; quindi le opposizioni trovano porte sbarrate; per adesso. La sinistra, peraltro, ha nel suo mirino le figure che vengono dalle attività libere, a prescindere: é un daimon che il mondo progressista mantiene nel suo statuto politico; e spiega la difficoltà a interpretare le istanze degli ambienti “mediani”; di quelli che spesso stimolano e guidano i cambiamenti. In queste condizioni, per la “gauche”, vincere le elezioni, diventa più difficile, naturalmente; ma questo é un altro, più lontano discorso.
Ceti sociali e presenze nel governo
Il problema che si trova il premier – che è anche il leader della coalizione – non è l’imbarazzo di queste grane che scoppiano o vengono fatte esplodere sul tragitto dell’esecutivo; ma il circolo vizioso, all’interno del quale, se vuoi ministri in grado di prendere per la gola problemi insoluti da tempo, non puoi rinunciare alle competenze. E alle capacità e, qualche volta, alle eccellenze – cito il caso esemplare di Maurizio Leo, titolare della delega fiscale – per portare a casa risposte a lungo ricercate. Insomma, un governo dell’Occidente sviluppato, membro del G7, non si può privare delle risorse umane espresse dai mondi vitali centrali; anzi, dovrà vantarne la l’esistenza, per stabilire una relazione permanente con gli interessi organizzati; e per darsi un profilo di credibilità erga omnes. Ma – ecco l’altro corno del ragionamento – se scegli di ricorrere a tali energie, devi mettere nel conto una conseguenza non evitabile: quella di azioni “contras” dell’opposizione la quale, in atto, rappresenta strati sociali e immaginari molto distanti. Oggi più che mai, non sempre é stato così: per dire, al tempo di Prodi, il centrosinistra riusciva a interpretare una parte di quelle classi. Il che vuol dire che, se resteranno delusi dall’attuale compagine, il pendolo politico potrà andare nuovamente dall’altra parte; il credersi eterni è un vizio di ybris: lo vedo circolare molto, in chi per giovinezza o per miopia, non ha sguardi ciclici.
Ora, bisogna comprendere il fenomeno, non il fatto singolo: l’opposizione si concentrerà sempre più sulla dimensione personale di chi gestisce e molto meno – a volte mai – sugli atti di governo; soprattutto sui casi dei “governanti” con un passato recente nell’area del lavoro non dipendente, non pubblico. A parte il Turismo, ci sono dicasteri di peso come la Difesa, le Finanze, il Lavoro, i cui titolari hanno un passato-presente che li espone agli attacchi della sinistra; la quale mette in campo la “strategia dell’ombra”: mettere in ombra il loro fatturato attuale; e gettare ombre, sugli inevitabili interstizi che esistono tra il loro “oggi” e il loro “ieri”.
Doveri e poteri di chi governa
Ma un premier della destra tutto può fare che privarsi di queste partecipazioni al gabinetto.
Il che impone poteri e doveri, a monte e a valle. Il primo è del presidente del Consiglio: attiene all’articolo 92, secondo comma, della Costituzione; che non richiede commenti. Il secondo riguarda i ministri. Ai quali spetta l’onere di attrezzarsi, meglio prima che dopo, per tutelare se stessi e l’esecutivo di cui fanno parte; e proteggere la fiducia, talvolta la buona fede, del Primo ministro. In questi casi, occorre cacciare da se il demone circolante del “a me non succederà”; e pure quello “io ho tanti amici di là, ‘a me’ non ‘mi’ attaccano”.
State attenti: ”Non si illuminano gli spiriti che con le fiamme dei roghi, e la verità non può brillare di luce propria”.
Erano gli stolti apedeuti di Giustiniano, raccontati da Voltaire nell’”Ingenuo”. Hanno contemporanei imitatori; tanti. E sapete dove.