Cossiga, a 13 anni dalla morte il ricordo di Pippo Marra: “Resta nella memoria della nostra democrazia”

16 Ago 2023 11:56 - di Redazione
Cossiga

“Francesco Cossiga resta nella vita e nella memoria della nostra democrazia. Per me che ho avuto il privilegio di condividere con lui considerazioni, riflessioni e sfoghi, ancora oggi un punto di riferimento che ci aiuta a capire qualcosa in più sul destino del nostro paese e sulle prove che, con impegno e responsabilità, sta affrontando questo nostro governo”. Lo dichiara Pippo Marra, editore dell’Adnkronos, in occasione dei 13 anni, domani 17 agosto, dalla scomparsa dell’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga.

Sono passati 13 anni dalla morte, il 17 agosto del 2010, di Francesco Cossiga, deputato dal 1958 al 1983, poi senatore; sottosegretario, ministro dell’Interno durante i drammatici giorni del sequestro Moro; presidente del Consiglio, del Senato, fino a ricoprire il più alto incarico istituzionale, quello di Presidente della Repubblica. Eletto al primo scrutinio con la cifra record di 752 voti su 977, grazie alla regia dell’allora segretario della Dc, Ciriaco De Mita, che riuscì a far convergere sul suo nome sia le forze della maggioranza pentapartito che il Pci.

Cossiga, un capo dello Stato unico nel suo genere

Da presidente notaio a “picconatore”, Cossiga è stato un Capo dello Stato unico nel suo genere nella storia della Repubblica, fuori dagli schemi fino a quel momento conosciuti, diverso dai suoi predecessori e dai suoi successori soprattutto per il modo con cui, specialmente negli ultimi due anni del settennato, ha trattato e affrontato i temi della vita politica e dei partiti.

La presidenza Cossiga ha avuto dunque due fasi distinte. La prima, contraddistinta da una rigorosa osservanza delle forme dettate dalla Costituzione: Cossiga, essendo tra l’altro docente di diritto costituzionale, fu il classico presidente notaio nei primi cinque anni di mandato, dal 1985 al 1990.

Poi, dopo la caduta del Muro di Berlino, Cossiga capì che Dc e Pci avrebbero subito gravi conseguenze dal mutamento radicale del quadro politico internazionale, convinto che i partiti e le stesse istituzioni si rifiutavano di riconoscerlo. Da quel momento iniziò una fase di conflitto e polemica politica, spesso provocatoria, che portò al Cossiga “grande esternatore” e, negli ultimi due anni al Quirinale, al ‘picconatore’, un appellativo che non l’avrebbe più abbandonato.

 

 

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