Europee, il “piano b” di Calenda: patto con la Schlein per aggirare lo sbarramento del 4%
Dal Terzo polo al doppio forno. Dismesso, per mancanza di concorrenti, il monopolio della serietà in politica, Carlo Calenda prova ora a ritornare laddove tutto (per lui) è cominciato: nel grembo del Pd. Fu sotto quelle insegne, infatti, che arrivò al Parlamento di Strasburgo, salvo poi rinnegarle quando i dem cominciarono a limonare impudicamente con il M5S al tempo del governo giallo-rosso. «Un fatto di coerenza», si difese lui contro chi gli rinfacciava il salto della quaglia. Altri tempi. Quelli attuali, invece, sono assai magri di soddisfazione per il leader di Azione, alle cui ambizioni elettorali ha assestato una micidiale mazzata la rottura con Matteo Renzi.
Le ex-forziste Carfagna e Gelmini all’oscuro di tutto
Tanto da costringerlo a meditare il clamoroso ritorno nel Pd. L’obiettivo, manco a dirlo, è scavallare il barrage del 4 per cento previsto dalla legge elettorale europea che, sondaggi alla mano, potrebbe rivelarsi insuperabile per il suo partito. A dar retta al Giornale, che ai tormenti di Azione ha dedicato un ampio servizio, del suo “piano B” Calenda avrebbe messo al corrente solo pochi intimi. Di certo non ex-forzisti come Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini. Anche perché scatterebbe solo in autunno e solo quando sarà chiaro che non esiste alcuna possibilità di ritoccare al ribasso l’asticella del 4 per cento. E il Pd? Al Nazareno sono davvero pochi quelli che scannerebbero il vitello grasso in onore del figliuol prodigo.
Calenda deciderà in autunno
Ma tra questi c’è Elly Schlein, che nel possibile patto federativo con Azione intravede un vantaggio interno: tagliare l’erba sotto i piedi alla corrente moderata oggi guidata da Stefano Bonaccini, ruolo che la nuova geografia imposta dalla federazione finirebbe fatalmente per assegnare a Calenda. Nel frattempo, il soccorso rosso è già pronto a scattare. A cominciare dal “prestito” di due senatori dem e scongiurare così la confluenza di Azione nel gruppo Misto. Molti indizi, insomma, lasciano pensare che tra Azione e Pd ci sia più d’una convergenza d’interessi. E poco importa se la Schlein non desiste dal rincorrere ancora i grillini. A Calenda non ripugnano più. Dopotutto, un seggio a Strasburgo val bene una figuraccia, l’ennesima.