Giustizia, Gaia Tortora: «Bene Nordio. Ora la riforma punti alla separazione delle carriere»

1 Ago 2023 16:52 - di Francesca De Ambra
Tortora

Sulla riforma della giustizia in gestazione presso il ministero guidato da Carlo Nordio, Gaia Tortora vede il bicchiere mezzo pieno. Lei è la figlia di Enzo, il popolarissimo conduttore di Portobello assurto suo malgrado a simbolo della malagiustizia a causa del suo indicibile calvario giudiziario. Arrestato e condotto in schiavettoni in mezzo alla folla sotto i flash dei paparazzi, Tortora girò a lungo nelle patrie galere prima di essere condannato a Napoli in primo grado a 10 anni. Un esercito di pentiti lo accusava di essere un manutengolo del boss Raffaele Cutolo, oltre che un «mercante di morte» (droga) e di aver lucrato sulle collette organizzate in tv in favore dei terremotati della Campania. Praticamente, un mostro.

Gaia Tortora è la figlia di Enzo

Poi si scoprì che i pentiti spacciavano merce avariata, che sull’agendina di un camorrista il numero di telefono (per altro con il prefisso di Caserta) a lui attribuito era in realtà intestato a tale Tortona e che tra i suoi accusatori vi era uno pseudo-artista, in realtà mitomane conclamato. Risultato: assoluzione in appello e in Cassazione con la più ampia delle formule. Purtroppo, il ritorno di Tortora in Rai fu di breve respiro. L’ingiustizia subita ne aveva irrimediabilmente minato il fisico: morì un anno dopo, nel 1988. La figlia Gaia ne ha di recente ricordato il sacrificio nel libro A testa alta e avanti che le è valsa lo status di finalista al premio letterario per la saggistica Caccuri. Comprensibile, perciò, la sua attenzione quando si parla di  giustizia.

«Su mio padre non è stata ancora fatta chiarezza»

La riforma, a suo giudizio, si deve puntare alla separazione delle carriere. «È quello il nodo principale da sciogliere», dice all’Adnkronos. Nel frattempo, giudica «importanti, positivi e condivisibili» i primi passi compiuti da Nordio: abolizione dell’abuso d’ufficio, limiti alla pubblicazione delle intercettazioni, abolizione dell’appello in caso di sentenza di innocenza in primo grado. Dal caso Tortora sono passati esattamente quaranta anni. Tuttavia, nonostante l’assoluzione definitiva Gaia non riesce a scrivere la parola “fine”. «Purtroppo – spiega -, non è affatto tutto chiaro, anzi. Quando si accusa una persona di cose inesistenti non è assolutamente chiaro il perché. Da molti anni, la domanda è proprio questa: perché? E la risposta ancora non c’è, l’interrogativo rimane intatto».

 

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